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I 5 migliori film di Tim Burton

Vista l’uscita di Dumbo, il protagonista della nostra classifica settimanale non poteva che essere Tim Burton, grande regista dallo stile inconfondibile capace di emozionare attraverso una poetica magica e sognante che ha esplorato, sempre con impareggiabile sensibilità, la “diversità” in tutte le sue declinazioni.  Ecco i suoi 5 film migliori secondo noi:



5° Posto: Batman – Il ritorno


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Il secondo capitolo della saga di Batman è un grande omaggio all’espressionismo tedesco, attraverso l’uso di scenografie cupe e oblique ed esplicite citazioni: il travestimento del Pinguino ricorda quello del Dottor Caligari, mentre il personaggio di Max Schreck, alleato dei cattivi, cita direttamente il protagonista del Nosferatu – Il vampiro di F.W.Murnau (1922). Un grande sequel, ancora più cupo e indimenticabile del capitolo precedente. Memorabile l’incipit con il Pinguino abbandonato ancora in fasce e il personaggio di Catwoman interpretato da una sensuale Michelle Pfeiffer.


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4° Posto: Ed Wood


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Tim Burton dirige un grande biopic su Ed Wood, il “peggior regista della storia del cinema”, e sul suo rapporto con la cosiddetta “corte dei miracoli”, tra cui svetta l’ex divo del cinema horror Bela Lugosi, ormai caduto in miseria. Quello di Burton è un vero e proprio atto d’amore nei confronti di un cinema di “serie z”, rozzo, artigianale ma profondamente genuino, che ha influenzato il suo immaginario fin da bambino. Il regista si sofferma anche sul racconto di (una certa) Hollywood, quella lontana dai riflettori e dal glamour, abitata da una folla di disperati alla spasmodica ricerca del successo: proprio come Ed Wood, travestito eterosessuale, e il suo gruppo di freaks (dalla vampira tv anoressica Maila Nurmi al gigantesco lottatore Tor Johnson). L’eccellente fotografia in bianco e nero e le scenografie volutamente artificiose restituiscono il respiro soffocante della mecca del cinema, vista da chi è confinato forzosamente ai suoi margini. Wood dipinto da Burton è un antieroe con cui è impossibile non empatizzare, un perdente sconfitto interpretato da un grande Johnny Depp.


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3° Posto: La sposa cadavere


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Dodici anni dopo Nightmare Before Christmas (1993), diretto da Henry Selick ma da lui ideato e prodotto, Tim Burton (coadiuvato dall’esordiente Mike Johnson) torna al cinema d’animazione e alla stop motion con risultati altrettanto grandiosi. Il contrasto è tra il grigio, squallido e avido mondo dei vivi, fatto di arrivisti e predatori, e il coloratissimo e vivace mondo dei morti, in cui l’unica preoccupazione sono lo svago e il divertimento. Numeri musicali pirotecnici, momenti divertenti e citazioni raffinate (esilarante quella degli scheletri che si rifanno a Via col vento), insieme alla malinconica storia della sfortunata Emily, compongono l’omaggio che il regista più dark di sempre tributa direttamente all’Aldilà. magnifico.


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2° Posto: Edward mani di forbice


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Primo film in cui Tim Burton inizia una lunga e fortunata collaborazione con il suo alter-ego Johnny Depp, Edward mani di forbice è uno dei vertici della poetica del grande regista californiano. Si tratta di una toccante favola dark sulla diversità, prima incompresa, poi strumentalizzata (con un Johnny Depp fragile e delicato che regala un’interpretazione indimenticabile), in cui i colori violenti della provincia fanno volutamente a pugni con l’impalpabile scala di grigi del castello. Da antologia la struggente sequenza poetica in cui Edward “inventa” la neve mentre Kim danza sotto di lui, mentre la palpabile attrazione tra i due diventa puro amore, preludendo al bellissimo e tetro finale. Il compendio della poetica di Burton.


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1° Posto: Big Fish


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Per il suo capolavoro, Tim Burton (ispirandosi al romanzo omonimo di Daniel Wallace) sceglie di abbandonare le atmosfere dark e il soprannaturale per affidarsi a un racconto d’amore e di amicizie, di avventure e d’incontri: la storia del protagonista è la storia di una vita come tante, unica come lo sono tutte. Edward Bloom è il Phineas T. Barnum dell’età contemporanea, dotato del potere più prezioso e raro che ci possa essere: costruire lo straordinario a partire dall’ordinario. Il suo importante cognome è un evidente riferimento al Leopold Bloom dell’Ulisse di Joyce: come lui, Ed percorre un viaggio mitologico, affidato a un flusso di coscienza che sovrappone realtà a finzione, accadimenti a sogni. Con grande sensibilità, Burton entra in punta di piedi nella stanza di Bloom malato e intesse con un filo impalpabile il delicato rapporto padre-figlio, così vero e realistico come mai si era visto in precedenza nel cinema del regista. Allo stesso tempo, e con altrettanta efficacia, colora i racconti di Edward con pennellate di tinte circensi, tratteggiando, soprattutto nel meraviglioso finale (di felliniana memoria), una galleria di freaks tenerissimi proprio perché appartenenti alla quotidianità. Memorabile


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