News
I 3 migliori film di Xavier Dolan

Regista, produttore, sceneggiatore, attore e costumista: enfant prodige o autore sopravvalutato, erede della grande tradizione del mélo alla Fassbinder o Sirk ma anche narcista, egocentrico e manierista (con una maniacale cura per la costruzione delle immagini e una particolare attenzione alle scelte musicali).

Di Xavier Dolan si è detto (e si dirà negli anni a venire) tutto e il contrario di tutto: classe 1989, è riuscito, fin da giovanissimo, a imporsi come uno dei cineasti più originali, istintivi, discussi, amati e odiati (con egual intensità) del panorama cinematografico contemporaneo.

Nella settimana in cui esce (finalmente) al cinema La Mia Vita con John F. Donovan, ecco la nostra classifica dei suoi 3 MIGLIORI FILM!

3) J’ai tué ma mere

j-ai-tue-ma-mere

Folgorante esordio in cui convivono furore giovanile e talento cristallino di un autore capace di dimostrare una notevole padronanza del mezzo cinematografico a soli vent’anni. Scritto da un Dolan appena sedicenne, sulla base di un personale percorso autobiografico, il film evidenzia già una poetica ben definita sia dal punto di vista stilistico che da quello di vista tematico: movimenti di macchina controllati, suggestivi piani fissi alternati a soluzioni più improvvisate, colore, bianco e nero e ralenti incorniciano le inquietudini (omo)sessuali e il desiderio di libertà che trovano nel complesso rapporto di amore/odio con la figura materna (ora nevrotica, ora comprensiva, ma sempre umanissima) il cuore pulsante attorno al quale mettere a nudo la propria personalità.

2) Laurence Anyways

laurence-anyways

Terzo lungometraggio per Dolan il quale, attraverso una narrazione che copre un arco temporale di dieci anni, riesce a restituire una profonda riflessione che scardina le leggi di natura e i bigotti postulati religiosi dietro a cui si annidano radicati pregiudizi da debellare. Non un inno alla trasgressione, ma una sentita parabola sulla libera manifestazione della propria individualità. Grazie alla sensibilità di Dolan, diversità e normalità si annullano, senza trascurare il carico di sofferenza che ogni scelta nella vita comporta. In definitiva, è anche una struggente love story contemporanea che spazza via gli usurati topoi del genere. Straordinario Melvil Poupaud, capace di rendere le innumerevoli sfaccettature del protagonista senza la minima forzatura. Impossibile non commuoversi nel finale.

1) Mommy

mommy

Toccante ritratto sulla fragilità, le contraddizioni e l’insostenibile carico di viscerali emozioni che intercorrono nel rapporto umano più complesso a cui si possa fare riferimento. Sentimenti speculari, a volte stridenti, ma sempre autentici: madre e figlio si rispecchiano l’uno nell’altra, sovvertendo i rispettivi ruoli precostituiti a causa di un deficit esistenziale che passa dall’amore, dall’odio, dall’assenza della figura paterna, dal rifiuto di crescere, dalla regressione infantile. Lo sguardo intimista esaltato dal formato 1:1 con cui è girata la pellicola (per restituire un’idea della condizione claustrofobica in cui vivono i protagonisti) si allarga in due significativi passaggi che esemplificano l’illusione di una felicità destinata a svanire. Premio della giuria ex-aequo con Adieu au langage (2014) di Jean-Luc Godard al Festival di Cannes 2014.

Maximal Interjector
Browser non supportato.