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Detour Film Festival – Il cinema di viaggio

Si è conclusa ieri la settima edizione del Detour Film Festival, rassegna e competizione cinematografica della città di Padova dedicata al cinema di viaggio. Quest’anno l’evento ha cambiato stagione e ha subìto un netto ampliamento di locations e giorni. Dall’autunnale ottobre, periodo più affollato nell’ambito festivaliero, si è trasferito allo sbocciare della primavera, dal 22 al 31 Marzo. I giorni da sei sono diventati nove e le sedi sono triplicate: una prima parte del festival ha sconfinato nel comune di Abano Terme, presso le sale del cinema Marconi, dove si sono svolte le proiezioni della sezione italiana “Viaggio in Italia”. Il concorso internazionale invece è cominciato giovedì 28 e si è protratto fino domenica 31, suddividendo le proiezioni tra la storica sala “fronte del porto” del cinema Porto Astra e il multisala Multiastra del quartiere Arcella. Una selezione globale e di ampio respiro che va dall’Italia al Giappone, passando per la Francia e la Siberia e facendo tappa anche in Polonia.

Ieri sera si è svolta la cerimonia di premiazione durante la quale la giuria, composta dall’attrice franco tunisina Nabiha Akkari, dal romanziere padovano Romolo Bugaro e dal direttore della fotografia Alessandro Pesci, ha consegnato il premio al miglior film al documentario Genesis 2.0 di Christian Frei e Maximilian Arbugaev (già premiato dalla giuria del Sundance) per i “temi etici, decisivi per l’uomo moderno, alternati a momenti epici, visivamente alti, degni del miglior cinema, nel pieno rispetto di un realismo documentarista”. Il film, ambientato nella fredda Siberia, narra della scoperta da parte di alcuni cacciatori di zanne di una carcassa di mammut perfettamente conservata che potrebbe portare la scienza genetica a rigenerare l’animale estinto.

Il premio speciale della giuria invece è andato a Winter Flies di Olmo Omerzu, un delicato road-movie adolescenziale attraverso una Polonia silenziosa e addormentata, comico ma ricco di momenti di riflessione, mentre il premio del pubblico è stato consegnato a Complicity di Kei Chikaura (presentato all’ultimo Festival di Berlino e qui in anteprima assoluta italiana), un commovente viaggio nell’umanità di un emigrato cinese che cerca di nascondere ma allo stesso tempo di riscoprire la propria identità lontano da casa, in Giappone. Nella sezione italiana sopra citata invece ha vinto ha vinto Hotel Gagarin di Simone Spada, con Claudio Amendola, Luca Argentero e Giuseppe Battiston.

La selezione internazionale ha dimostrato grande ricchezza e pluralità spaziando non solo attraverso i territori più vari e disparati ma anche negli argomenti e soprattutto nelle diverse concezioni di viaggio. Se in quasi tutte queste pellicole è stata rispettata l’idea canonica di viaggio fisico, in altri casi invece l’odissea è stata interna, mentale, un pellegrinaggio tra i sentimenti più reconditi o tra i percorsi verso drastici cambiamenti. È il caso del francese La fête est finie di Marie Garel-Weiss, toccante racconto di due giovani ragazze che provano a superare le difficoltà di una vita distrutta dalla droga, e del polacco Fugue di Agnieszka Smoczynska, probabilmente il miglior film del festival: un’opera caotica, inquietante, buia e fredda, un viaggio a ritroso in una memoria ingannevole, realizzato con uno stile originalissimo e recitato con enorme maestria dal cast; un piccolo gioiello atipico che arricchisce una rassegna già molto varia.

Negli otto lungometraggi in concorso si intravede un’ulteriore divisione, tra film con un’impronta spiccatamente documentaristica o realistica, come, oltre al vincitore, il documentario My home in Lybia della padovana Martina Melilli, unica italiana in gara, o Complicity, e film che invece presentano una traccia molto più immaginifica o addirittura onirica, come il già citato Fugue o il franco nipponico Takara, la nuit où j’ai nagé di Kohei Igarashi e Damien Manivel, visto dagli occhi di un bambino.

Numerosi gli ospiti illustri nella prima sezione del Festival: Valerio Mastandrea con Ride, Aldo Baglio con Scappo a casa, Barbora Bobulova con Saremo giovani e bellissimi e lo sceneggiatore Umberto Contarello, stretto collaboratore di Paolo Sorrentino, che in un evento speciale ha tenuto una masterclass di sceneggiatura.

Gli eventi speciali del festival hanno poi portato Silvio Soldini che ha presentato Treno di parole, il suo nuovo documentario dedicato al poeta dimenticato Raffaello Baldini, e in chiusura Fabrizio Bentivoglio che dopo la serata dei premi ha presentato, a vent’anni dalla sua realizzazione, il film La lingua del santo, del compianto maestro del cinema padovano Carlo Mazzacurati.

Ma questi sono stati solo gli eventi più in evidenza: molti altri si sono tenuti in altre sedi, librerie, fumetterie e biblioteche, senza contare un concerto e diversi aperitivi sociali.

Il Detour festival non è più solo una rassegna cinematografica, ma è un’enorme iniziativa che tenta di far dialogare le diverse discipline artistiche e culturali che pullulano e fermentano, ma che difficilmente trovano coesione a Padova. E quella di quest’anno, sicuramente, è l’edizione che finora ha portato alla svolta più importante.

Cesare Bisantis

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