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FAR EAST FILM FESTIVAL 21: L'OTTAVA GIORNATA Commuove Athony Wong, ma Chow Yun-fat ruba la scena

La ventunesima edizione del Far East si avvicina al capolinea e, dopo il premio a Yao Chen, è nuovamente una star del cinema asiatico a catalizzare l’attenzione. Anthony Wong, con Tony Leung Chiu-wai forse il migliore interprete hongkonghese, riceve il Gelso d’Oro alla carriera davanti a un pubblico in tripudio. L’occasione è data dalla sua ultima fatica, il dramma Still Human, esordio alla regia della giovane Oliver Chan, in cui Wong interpreta un uomo costretto sulla sedia a rotelle che stringe un tenero rapporto di amicizia con la giovane badante filippina. Il film, prodotto da Fruit Chan, non riesce a schivare gli stereotipi del genere, e scivola spesso e volentieri nel melenso e nel retorico; ma la chimica tra i due protagonisti è forte, e l’opera non manca di un certo efficace realismo. Particolarmente azzeccati i momenti iniziali, segnati da un’impossibilità di comunicazione (i due parlano lingue diverse) che sottolinea e fa risaltare le rispettive solitudini. Il passaggio dall’amicizia all’amore è organico e non forzato, e regala momenti emozionanti. Un feel good movie senza pretese, elevato dalla bravura di Wong, che si conferma interprete eclettico e prezioso. Rimanendo a Hong Kong, ieri è stata anche la giornata del ritorno di Chow Yun-fat, che in Project Gutenberg interpreta un carismatico e perfido falsario. Il film, più che un omaggio, è un nuovo emozionante capitolo del cinema action di Hong Kong. Il regista Felix Chong, già sceneggiatore di Infernal Affairs, porta sullo schermo una storia emozionante, trainata dagli scambi tra Chow e un Aaron Kwok particolarmente ispirato. Non c’è un momento di pausa in 131 minuti, i personaggi sono ben caratterizzati e la storia regala anche una riflessione non banale sul tema del doppio e del falso. Anche se, diciamocelo, ci basta vedere Chow lanciarsi al ralenti in mezzo un’esplosione, impugnando due pistole, per renderci soddisfatti. Bellissimo anche il film dedicato al grande regista Koji Wakamatsu (impersonato dal bravo Arata Iura), Dare to Stop Us. Dietro a una forma da biopic tradizionale si cela un omaggio commosso e sincero a un’epoca unica del cinema giapponese. Racconto della “famiglia Wakamatsu”, un gruppo di cineasti militanti (che contava tra i suoi membri anche Masao Adachi) determinato a “puntare il coltello contro lo spettatore”, il film è particolarmente apprezzabile per la scelta di mostrare gli eventi tramite gli occhi della tormentata Megumi, giovane assistente del regista. Un film imperdibile per i cinefili e per chiunque voglia approfondire la scena giapponese degli anni Sessanta. Diverte anche Fly Me to Saitama di Hideki Takeuchi, che porta sullo schermo un’opera camp ed estremamente pop, in pieno stile giapponese. Commedia demenziale dal respiro epico, ispirata al campanilismo tra Tokyo e le prefetture di Chiba e Saitama (che Takeuchi in sala paragona a quello tra Udine e Trieste, scatenando le risate del pubblico), il film diverte e intrattiene, anche se molte gag sono ovviamente indirizzate al pubblico giapponese (una fra tutte la battaglia tra le due prefetture combattuta a suon di celebrità locali). Geniale l’idea di rappresentare Tokyo come una metropoli aristocratica e Saitama come un villaggio contadino, coi saitamesi che vengono disprezzati al punto da vedersi rifiutare i visti per entrare nella metropoli. Ma il materiale è più adatto forse a un mediometraggio, e il film non regge il ritmo per 107 minuti. Degni di nota i titoli di coda musicali. Trascurabili i film della mattinata: A First Farewell, premiato a Berlino, è lodevole per la scelta di raccontare la minoranza uigura nella Cina nord-occidentale, ma aspira a un lirismo che non riesce mai a trasformarsi in autentica poesia, mentre l’hongkonghese Hotel Soul Good è una commediola senza pretese, che però raramente diverte e si appoggia a un twist prevedibile che nulla aggiunge alla storia. I film più attesi della giornata finale sono la commedia poliziesca Extreme Job, film più visto della storia del cinema coreano, e il film di arti marziali al femminile Furie, opera di chiusura e unico film vietnamita della kermesse. A mezzanotte la cerimonia di premiazione incoronerà il film più amato dal pubblico: favorito il coreano The Odd Family.

 

Marco Lovisato

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