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Gomorra – Le nostre impressioni sulla quarta stagione

È giunta a termine anche questa quarta stagione di Gomorra. C’è molto da dire. Si tratta sicuramente di una stagione di transizione, più riflessiva, meno dinamica e legata maggiormente ai personaggi che alle vicende. Prendendo le distanze dall’estenuante guerra della terza, le nuove puntate si aprono con una pace tra i clan camorristi, una situazione precaria ma che pone le basi per una condizione più statica.


Questa volta i creatori hanno voluto puntare la lente di ingrandimento su un personaggio femminile, che diventa il protagonista assoluto di questo nuovo ciclo: Patrizia. Personaggio dalla lunga evoluzione che dopo un percorso inaspettato, arduo, costellato di sacrifici, è ora giunto in vetta al potere come nuovo boss di Secondigliano. Scelta saggia e coraggiosa quella di puntare tutto su una figura non più maschile ma sicuramente non meno virile dei protagonisti precedenti. Decisione che però sembra non essere stata sfruttata al meglio, soprattutto nelle prime puntate. Patrizia è una donna forte, spietata e anche molto umana ma non riesce a coinvolgere, mantiene sempre una certa freddezza e distanza e non riesce a farci affezionare. Difetto questo che può essere molto rischioso per un prodotto come una serie televisiva che investe soprattutto sul legame del pubblico con i suoi protagonisti.


Viene introdotto però grazie a lei uno dei nuovi elementi in Gomorra, una storia d’amore. Da subito infatti si crea un legame tra Patrizia e Michelangelo “Mickey” Levante, il rampollo laureato della famiglia criminale Levante, clan totalmente new entry e imparentato con i Savastano. Grazie a questo nuovo amore si ha l’occasione di analizzare quanto possa essere rischioso provare a creare un nuovo nucleo familiare in un ambiente velenoso come quello della Camorra, e Patrizia si trova davanti alla scelta di essere una madre o un boss.


L’altro protagonista è il rodato Gennaro Savastano, vero simbolo della serie sin dalle prime puntate nel 2014. Un personaggio proteiforme, in continuo divenire, che da giovane inetto e viziato si è trasformato in bestia sadica e calcolatrice per giungere ora ad un’ulteriore sfumatura legata al suo forte bisogno di redenzione. Ossessionato dall’ingombrante ombra del fantasma del padre, vuole lasciarsi alle spalle il suo passato di criminalità e ricominciare una vita da imprenditore e uomo di famiglia. Ma le radici sono profonde e non sono facili da recidere: sembra che il destino non gli riservi altro che un continuo ripetersi del passato. Forse l’unica soluzione è accettarsi e accettare il proprio mondo. Grazie a Genny viene introdotto un personaggio assolutamente nuovo per la serie, il magistrato Walter Ruggeri, che conosce il giovane Savastano nella scuola che i loro figli frequentano. Per la prima volta dopo quattro stagioni anche il mondo della giustizia ha un volto che conquisterà un certa rilevanza causando non pochi impedimenti a Genny.


Questa seconda metà della stagione rispetto alla prima parte ha spinto il piede sull’acceleratore sin dalla settima puntata (su dodici) dove finalmente è stato dedicato il giusto spazio a Sangue Blu, capo del giovane clan di Forcella, che sembrava esser stato ingiustamente dimenticato. Gli intrighi delle prime puntate portano i loro frutti negli episodi 9 e 10, sicuramente i migliori e i più coinvolgenti dell’intero nuovo ciclo. Si sente però fino alla fine la mancanza di quello che era stato il cardine di Gomorra, Ciro l’immortale, morte mai fino in fondo accettata e mai veramente sostituita.


Quasi tutti i nodi vengono al pettine. Le fragilità dei protagonisti si rivelano nei cocci di umanità che man mano vanno frantumandosi, confessando la più grande parabola della serie: non ci si può mai fidare di nessuno, neanche dei propri alleati. Un forte pessimismo tragico, struggente e disturbante ritorna in superficie, caratteristica più viscerale di questo universo televisivo caustico e corrosivo dove si respira costantemente un’aria tossica di morte, dove la speranza si scioglie nell’acido. Evidente anche una componente di critica sociale grazie a brevi ma efficaci scene che descrivono lo sfruttamento del lavoro in nero di immigrati o lo smaltimento dei rifiuti tossici nel territorio campano, argomenti legati a filo doppio con il romanzo di origine di Roberto Saviano. Allo stesso tempo, molti sono anche i punti in sospeso che troveranno risposta nei prossimi progetti.


Gomorra 4 si chiude così in vista dell’atteso primo lungometraggio spin-off della serie, L’immortale, prequel incentrato su Ciro di Marzio in uscita il prossimo Natale e che farà da ponte per la quinta stagione.


di Cesare Bisantis


 


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