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Le 5 migliori interpretazioni di Marlon Brando

Divo e mito hollywoodiano per antonomasia, Marlon Brando è universalmente riconosciuto come uno dei maggiori e più importanti attori nella storia del cinema.

Interprete carismatico, versatile, coraggioso e imprevedibile nella scelta dei ruoli, Brando ha prestato la sua nevrotica bellezza virile a personaggi complessi, ambigui e combattuti, rimasti inevitabilmente scolpiti nell’immaginario collettivo.

Malgrado una filmografia numericamente tutto sommato limitata (poco più di quaranta i titoli al suo attivo), l’attore due volte premio Oscar è riuscito a imporsi come una delle più vivide e memorabili icone del firmamento cinematografico, nonché emblema di quello stile recitativo noto come Metodo Stanislavskij, basato sull’approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell’attore.

In occasione della rassegna a lui dedicata dal Festival del Cinema Ritrovato e in concomitanza con l’anniversario della morte (occorsa il primo luglio 2004), LongTake dedica la sua classifica settimanale alle migliori interpretazioni dello straordinario attore statunitense.

Ecco, dunque, le cinque migliori interpretazioni di Marlon Brando secondo la nostra redazione:

5) Un tram che si chiama desiderio

Il regista Elia Kazan firma un adattamento del celeberrimo dramma di Tennessee Williams che si rivela vero e proprio trampolino di lancio per Brando, alla sua prima significativa performance su grande schermo (dopo l’esordio in Il mio corpo ti appartiene di Fred Zinneman). Dopo averlo interpretato a teatro, Brando dà vita a uno Stanley Kowalski carnale e animalesco, la cui figura in t-shirt bianca non si può certo dimenticare. La scena dell’urlo disperato in cui Stanley invoca il perdono della moglie Stella è un momento di irresistibile sensualità, che dona fascino a un personaggio brutale e volgare. Il film ottiene uno straordinario successo di pubblico e critica, conquistando 4 Oscar, ma Brando (nominato come miglior attore) rimarrà a bocca asciutta.

4) Ultimo tango a Parigi

Il film più celebre, discusso e controverso di Bernardo Bertolucci, nonché l’opera più pessimista del regista parmense. Il profondo disagio esistenziale dei due protagonisti viene sublimato attraverso il sesso che, nella sua forma più libera e sostanzialmente perversa, è contemporaneamente strumento di ribellione e annichilimento di se stessi. Grandiosa la prova dolente e feroce di Brando, che presta il suo volto segnato dalle sconfitte e il fisico non più atletico e giovane a un personaggio ambiguo, enigmatico e funereo, disperato e furioso, inevitabilmente destinato alla solitudine e all’autodistruzione. Un uomo dall’esistenza spezzata, con una grande voglia di azzerare la propria vita. Indimenticabile il monologo di fronte al letto della moglie, morta suicida.

3) Fronte del porto

Magistrale ritratto del mondo sindacale e malavitoso d’America firmato da Elia Kazan, uno degli autori che meglio ha saputo valorizzare al meglio lo straordinario talento di Brando. Nei panni di Terry Malloy, un ex pugile divenuto lavoratore portuale, l’attore fornisce una prova intensa e sofferta, in cui sa combinare la carica erotica del sex symbol con una interpretazione raffinata, tutta giocata su uno stile recitativo introspettivo e nervoso che mette in evidenza fragilità e contraddizioni del personaggio. Da antologia il dialogo finale tra Terry e il fratello, interpretato da Rod Steiger, improvvisato al momento dai due attori e rimasto nella storia. Grazie a questa prova, Brando conquisterà il primo dei suoi due Oscar come miglior attore protagonista.

2) Apocalypse Now

Malgrado un minutaggio limitato, Brando regala una delle sue performance più memorabili. Sinistra e magnetica è la raffigurazione del delirante colonnello Kurtz, un uomo che ha raggiunto il suo “punto di rottura” e si è ritirato nella giungla per condurre un’esistenza da semidio, venerato da migliaia di indigeni. In questa occasione è il volto a recitare un ruolo fondamentale: Brando è completamente rasato a zero, i lineamenti perennemente in penombra, a suggerire un’essenza divina, quasi astratta, nascosta ma sempre presente. Kurtz è un nuovo esempio di personaggio titanico e fragile, votato all’autodistruzione, travolto dal corso degli eventi, ambiguo e irrimediabilmente affascinante.

1) Il Padrino

In un’ideale passaggio di consegne tra due generazioni di attori, Marlon Brando dà vita con il suo Don Vito Corleone, onnipotente boss mafioso siculo-americano, a una prova gigantesca che, pur flirtando costantemente con la maniera, riesce a essere sempre impeccabile. Attraverso il volto di Don Vito si esprimono i toni di un’atmosfera lugubre e solenne, cupissima, espressione di un mondo che sta per finire e di cui il boss incarna l’ultimo esemplare, capace di far coesistere spietata determinazione e senso dell’onore. Brando ricorse a un trucco per deformare i propri lineamenti e arricchire l’espressività del proprio volto, utilizzando un paio di grossi batuffoli di ovatta all’interno della bocca. Secondo Oscar per l’attore, che però non ritirò il premio.

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