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Martin Scorsese: una monumentale lezione di cinema alla Festa del Cinema di Roma. Il nostro resoconto

ACCATTONE (Pier Paolo Pasolini, 1961)

Ho visto Accattone la prima volta alla Settimana della Stampa del New York Film Festival, nel 1963 o 1964. Un’esperienza forte, dura. Io sono cresciuto in un quartiere difficile di New York e il primo film che ho visto di cui ho memoria è Fronte del porto di Elia Kazan. Con il film di Pasolini, però, è stata la prima volta in assoluto che mi sono identificato totalmente con dei personaggi. Quando vidi Accattone però non avevo la minima idea di chi fosse ed è stato per me un lampo, uno shock. Anche la musica di Bach in sottofondo è straordinaria e dall’uso delle musiche di Pasolini, in generale, ho imparato moltissimo. Qui accompagnano la tragedia di una persona dimenticata, ma anche io in Casinò ho usato la musica di Bach, perché i personaggi vengono di fatto cacciati dal Paradiso.

LA PRESA AL POTERE DI LUIGI XIV (Roberto Rossellini, 1966)

Quando avevo cinque anni avevamo a casa un piccolo apparecchio televisivo, in cui vedevo i film del neorealismo italiano: Roma città aperta, Ladri di biciclette, Sciuscià. Per me non era cinema, mi sembravano la vita vera, come se stessero accadendo a New York in quel momento, a pochi passi dalla mia famiglia e dai miei nonni. Anche questo film l’ho visto al New York Film Festival, all’inizio non era stato accolto benissimo. Rossellini ha reinventato il cinema con De Sica e Zavattini e poi con la Bergman, a un certo punto però ha avuto l’intuizione che la sua arte fosse troppo rivolta su se stesso e ha deciso di farne qualcos’altro, realizzando film didattici per la televisione su argomenti storici. 

UMBERTO D. (Vittorio De Sica, 1952)

Credo sia il culmine e l’apice del neorealismo. L’ho visto tardi, a 17  anni. Dopo questo film la situazione e le sorti del filone sono totalmente cambiate. Fare un film in cui il protagonista è una persona anziana e mostrare come tutto è definitivamente cambiato rispetto a un mondo in cui ci si prendeva cura degli anziani è semplicemente straordinario. 

IL POSTO (Ermanno Olmi, 1961)

Il distributore del film, che possedeva le migliori sale di New York, lo amò talmente tanto che il primo giorno decise che lo avrebbe proiettato senza far pagare il biglietto! Lo stile di Olmi è scarno, sottomesso, povero. Seguiva uno stile documentaristico alla John Cassavetes, che sento molto vicino a me. 

L’ECLISSE (Michelangelo Antonioni, 1962)

Il primo film che ho visto di Antonioni è stato in realtà L’avventura e ho dovuto imparare come leggerlo. Sono cresciuto nell’età d’oro del cinema, coi classici del cinema americano ed europeo. Io sono di solito molto energico e veloce in quello che faccio, ma Antonioni mi ha permesso di soffermarmi su delle inquadrature davvero enormi con grande cura e L’eclisse in questo senso è il suo film che mi ha segnato di più.

DIVORZIO ALL’ITALIANA (Pietro Germi, 1961)

Quando ho preparato Quei bravi ragazzi mi sono ispirato a forma e contenuto di questo film, è vero. Mi ha ispirato lo stile ma anche l’umorismo, l’arguzia, persino il movimento della macchina da presa quando parla l’avvocato. Non lo vedo da tempo, forse l’ultima volta l’ho visto otto anni fa, ma ogni volta che lo rivedo mi colpisce l’utilizzo satirico di tutti gli aspetti, dal bianco e nero alla faccia di Mastroianni. 

SALVATORE GIULIANO (Francesco Rosi, 1962)

Quando il bandito muore non è una madre che piange per il figlio morto, è la madre che lo fa. Rosi ti fa vedere i fatti, eppure, in qualche misura, i fatti non sono la verità. E le radici della corruzione vanno sempre più in profondità: sono le sofferenze del Sud, con tanti anni di dolore alle spalle. I miei nonni si trasferirono dalla Sicilia a New York nel 1910 e mi sono chiesto come mai non si fidassero di qualsiasi istituzione. Devo dire che la tradizione del Sud, con tutti quegli anni di eredità trascorsa, sono stati per loro un peso forse eccessivo.

Il GATTOPARDO (Luchino Visconti, 1963)

Il Gattopardo mi ha senz’altro influenzato per L’età dell’innocenza, non c’è dubbio, perché in quel film volevo raccontare la qualità antropologica di quel tipo di vita altolocata: dal piccolo dettaglio al macrocosmo. Devo dire che la mia massima influenza per Toro scatenato, e vale anche per De Niro, è stata anche in quel caso un film di Visconti, Rocco e i suoi fratelli. Donnafugata, poi, è il paese di mia nonna!

LE NOTTI DI CABIRIA (Federico Fellini, 1957)

Il primo film di Fellini che ho visto è stata La strada, in tv, ma il finale di questo film è una cosa incredibile, è una rinascita spirituale. Fellini l’ho incontrato più volte negli anni: nei ’70, a metà dei ’70, poi nei ’90 sul set de La città delle donne che andai a visitare. Eravamo quasi arrivati a fare un progetto insieme, un documentario, o meglio quella che sarebbe stata la sua versione di quel documentario, ma purtroppo poi ci ha lasciati. 

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