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Meryl Streep alla Festa di Roma: "Adoro Alba Rohrwacher e Fuocoammare è da Oscar"

Meryl Streep è una delle attrici più apprezzate, incensate e carismatiche al mondo, ma non è una sorpresa scoprire che si ritrovi enormemente a suo agio anche con l’altra faccia della medaglia, che in teoria dovrebbe cozzare col suo talento ingombrante e la caratura artistica sconfinata che in tantissimi le attribuiscono: la leggerezza. Una volatilità carica di simpatia e beata gratitudine per la stima che gronda da chiunque le capiti a tiro che la Streep riesce a trasformare in carisma contagioso e magnetico, specie quando deve parlare di sé e della propria carriera, cosa che tra l’altro fa in maniera puntualmente solare e ironica. Il suo “Incontro Ravvicinato” col pubblico della Festa di Roma, in tal senso, non ha fatto eccezione. Nonostante l'”artificio” esercitato sugli altri che la sua stessa presenza impone, come lei stessa è disposta ad ammettere in conferenza stampa.

Alla Festa di Roma è passato Florence Foster Jenkins di Stephen Frears, il tuo ultimo film. Come hai lavorato a questo personaggio?

Si tratta di una donna candida e fallimentare, ma anche buona. Col mio coach vocale, Arthur Levy del Metropolitan, ci siamo sforzati affinché io imparassi a cantare nel miglior modo possibile e poi io e lui ci siamo divertiti, nelle ultime due settimane, a mandare tutto all’aria per ottenere il risultato che questa cantante incredibilmente stonata doveva portare con sé. Quando ho fatto finalmente ridere le persone intorno a me ho capito che ci ero arrivata, a quell’obiettivo.

Per parlare di te partiamo da Il cacciatore, un film che ti diede una certa fama e che in un certo senso ti rivelò al cinema. Com’era lavorare con Michael Cimino, che ci ha lasciato l’estate scorsa?

Rivedendo una scena di questo film dopo tantissimo tempo, intanto mi viene di pensare a quanto diamine fosse bello Bob De Niro. Michael era imperturbabile sul set, una presenza incredibile. Mi ricordo che una volta stavamo girando una scena a temperature altissime e io ero bagnata fradicia di sudore così come il resto della troupe, mentre lui era impassibile e non batteva ciglio, né aveva versato una minima goccia di sudore. Se ne stava lì, coi suoi piccoli boxer italiani aderenti ad osservare. Ed erano piccoli soltanto i boxer (ridendo), perché il resto non dava affatto l’idea di esserlo… quando feci il mio provino per Michael Cimino la sceneggiatura era vuota e lui mi chiese quali fossero secondo me le battute di Linda, le frasi adatte a lei che secondo me quel personaggio avrebbe potuto pronunciare. All’inizio pensai che tutti i registi fossero così, con questa libertà addosso. Poi però sono stata diretta a teatro da Harold Pinter, e mi resi conto che non era vero affatto!

Agli inizi della tua carriera hai lavorato con Mike Nichols e Joseph Papp a teatro, cosa ti hanno insegnato questi maestri nella tua formazione?

Io sono ed ero “informabile”, chiedete a mio fratello se non ci credete, ve lo può dire lui. Nessuno mi può dire nulla! Ho lavorato coi più grandi registi al mondo però ed è stato un vero dono, molti di loro non ci sono più e mi è rimasta l’ultima parola al loro posto.

E’ vero che Dustin Hoffmann voleva riscrivere il copione di Kramer contro Kramer

No, Dustin non lo voleva riscrivere, è che non sapevamo davvero cosa il personaggio di Joanna avrebbe detto in alcune scene del film che dovevamo girare, non era precisato nel libro e il regista, Robert Benton, a tal proposito ci aveva lasciato liberi. Ognuno di noi ha scritto diverse versioni della sceneggiatura e poi ci siamo incontrati per confrontarle e sceglierne una che andasse bene per tutti. Chi ha vinto? Io! Il cacciatore e Kramer contro Kramer sono stati realizzati entrambi in un momento particolare della Storia, quando la gente cominciava a divorziare. Prima il divorzio era un vero anatema.

Preferisci lavorare al cinema o al teatro?

Non so dirlo, però mi piace sentire il respiro delle persone dal vivo, amo sentire che ridono anche, quando la pièce lo richiede.

C’è un grande regista contemporaneo con cui avresti voluto fortemente lavorare e col quale non hai ancora lavorato?

Oh, Martin Scorsese. Senza alcun dubbio.

Hai vinto il tuo terzo Oscar interpretando Margaret Thatcher in The Iron Lady. Tu sei un’icona liberal e tutti sanno che sei una donna molto emancipata e con valori di sinistra ben precisi, mentre la Thatcher è un’icona di destra. Nonostante questo nella tua interpretazione si registra una certa dose di simpatia, perfino di empatia.

E’ vero, la Thatcher è lontana da me, ma tutte noi come donne abbiamo provato un enorme sdegno quando ci troviamo in un posto che si suppone non essere un luogo adatto per noi. Di recente ho visto un video del primo ministro australiano che si rivolge a una donna dell’opposizione, non so nulla di politica australiana e faccio ammenda, ma questa persona aveva delle certezze radicate e inamovibili, con una sorta di claque alle sue spalle, che usa per vessare in maniera sessista la sua interlocutrice. Quest’uomo si rivolgeva a questa donna operando una vera e propria prevaricazione di genere, ma lei è riuscita a smantellare tale violenza, in compenso. A Hillary Clinton dicono che deve parlare a voce più bassa perché deve risultare più attraente, ad esempio. Della Thatcher posso apprezzare il fatto che si ritrovò, come donna, a far parte di un mondo non abituato  a ricevere né le donne né persone di umili origini. Suo padre era un droghiere. Se c’è qualcosa che fa diventare matti i britannici è non riuscire a capire a quale classe sociale una persona appartenga dal suo modo di parlare e di proporsi. In Gran Bretagna, dove sono stata per moltissimi film, è un sistema di valore e di pensiero ancora presentissimo.

Due attrici che ami particolarmente sono Silvana Mangano e Anna Magnani. Come mai?

All’epoca non c’erano molti ruoli interessanti nel cinema americano, per cui vidi le loro interpretazioni in molte rassegne di film stranieri all’Università, quando iniziative del genere ancora esistevano e si facevano. Penso anche ai film di Simone Signoret. Per me erano creature esotiche che venivano da un altro mondo, c’era qualcosa di basico in loro, di elementare. La Magnani la scoprii per la prima volta in Pelle di serpente con Marlon Brando e fu una tale rivelazione…queste donne hanno quel qualcosa di così puro e profondo che ti lasciano senza fiato. Trovo che abbia qualcosa di analogo, oggi, anche Alba Rohrwacher, che ammiro e che è straordinariamente pura.

Per il personaggio di Francesca ne I ponti di Madison County ti sei ispirata a Silvana Mangano?

No, ma alla signora Cucci. Una signora che abitava nella mia stessa strada, aveva un cane di nome Chuckie, era molto pittoresca e pronunciava la parola “garbage” aprendo tutte le vocali con un incredibile accento italiano.

In chiusura: a Berlino, da presidente di giuria, hai premiato ed encomiato con parole di grande stima e apprezzamento Fuocoammare di Gianfranco Rosi. Continuerai a promuovere questo film anche presso i votanti dell’Academy?

Assolutamente. Sono stata felice per l’unanimità della giuria di Berlino sull’Orso d’Oro. Credo che sia un’opera unica. Credo che l’Academy lo vedrà con interesse e terrà conto del suo valore (ritengo abbia buone chance per l’Oscar). Gli immigrati sono persone che spesso riceviamo solo sotto forma di masse di statistiche, ma ci toccano in realtà molto da vicino. E le immagini di Rosi restituiscono questa vicinanza, ci mostrano quelle persone in maniera umana. Credo che si tratti di uno sguardo incredibilmente speciale.

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