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Milano Film Festival 2016 – Un lunedì sera perfetto con la maratona d'animazione

Da bambina arrivava puntualmente un momento in cui il lunedì sera, intorno alle 21, dovevo nascondere la testa sotto i cuscini del divano. Il rituale familiare, non scritto, prevedeva che, sazi e in pigiama, ci si adagiasse davanti al televisore e senza nemmeno considerare alternative si guardasse rigorosamente il film in prima visione sulle reti nazionali. E qui arrivava il dramma: ogni volta la sigla composta da Lucio Dalla e dagli Stadio introduceva la messa in onda del giorno e accompagnava con le sue note le immagini di una specie di volatile fatto di pellicola cinematografica che si dimenava su sfondo nero. Il risultato? Angoscia palpabile e conseguenti incubi notturni.

La Martina attuale, che ancora non ha superato il trauma infantile, ringrazia il Milano Film Festival che ieri sera le ha regalato inconsapevolmente una rivincita, un lunedì sera perfetto: oltre 200 minuti di cortometraggi d’animazione no-stop, visti in compagnia della squadra LongTake. Dopo questa parentesi autobiografica è arrivato il momento di cedere la parola anche agli altri due collaboratori: ecco un articolo scritto a sei mani, con i nostri 9 highlights scelti tra i gioiellini animati visti ieri sera.

GIULIO DISPENZA

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Limites

Partiamo con Limites, diretto da Giulia Landi: protagonista, una giovane ragazza demoralizzata da una vita che la opprime giorno dopo giorno. Vedere tutte le mattine la natura oltre la città le farà scaturire un semplice desiderio: abbandonare tutto e scappare. Ma la natura rappresenta realmente quel mondo incantato che spesso immaginiamo? Paura e incertezza, sentimenti chiave di questo corto italiano, si reincontrano, poco dopo, nella commovente produzione francese To Build a Fire, tratta da Jack London. L’ostilità della natura e un esploratore in viaggio per una valle completamente sommersa dalla neve: dopo esser caduto in un lago gelato l’uomo condurrà una lotta disperata per la sopravvivenza. Una semplice ma toccante dimostrazione dell’attaccamento alla vita dell’essere umano. Preservare immutata la natura è il tema centrale di Way of Giants, diretto dal brasiliano Alois Di Leo. Immersa nella civiltà precolombiana, la piccola protagonista costruirà il suo flauto magico capace di far risorgere le grandi sequoie abbattute. Un racconto impregnato della magia di una civiltà ormai scomparsa da secoli.

MARTINA IBBA

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Tomato

Passano le ore e, affamati, ci si perde nell’assaporare un succoso racconto etimologico sul pomodoro, Tomato, dove la creator californiana Caitlin Craggs, mixando immagini reali e animazione in stop-motion, dona 3 minuti di celebrità all’ortaggio. Intanto, nel variopinto groviglio di tecniche a cui abbiamo assistito, non poteva mancare di certo la claymation: Feathers, del collettivo canadese Hands on Desk, narra con metaforica delicatezza in plastilina quella fase del rapporto genitore-figlio in cui quest’ultimo, non più bambino, freme dal desiderio di spiccare il volo. Passano i minuti e abbiamo anche il tempo di riposare gli occhi dopo un caleidoscopio di colori con O di Erick Oh dove, in una prevalenza di bianco e nero, il giottesco cerchio perfetto, contorcendosi ed espandendosi, interpreta lo sviluppo dell’universo nel tempo.

CARLOTTA MAGISTRIS

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Ivan’s Need

Dalla mezzanotte, con tre corti provenienti da Paesi diversi, si palesa il concetto che l’animazione non sia solo una cosa per bambini. Mirror in Mind, 2 minuti, è un breve quanto visionario viaggio attraverso la mente di una donna e dell’inconscio umano. Le Clitoris, corto canadese di Lori Malepart con uno stile di animazione infantile, alterna ironia e informazione scientifica, raccontando in maniera naïf la storia del clitoride, organo femminile concepito unicamente per il piacere e perciò spesso bistrattato a causa della sua natura lussuriosa. In ultimo, lo svizzero Ivan’s Need è sicuramente il più folle dei tre, visivamente e narrativamente: un ragazzo con una passione morbosa per l’impasto del pane si imbatte in un’esperienza psichedelica, arrampicandosi sugli oblunghi e distorti seni di una donna affacciata al balcone (irriverente riferimento a Rapunzel), memore delle sensazioni tattili dell’amalgama che tanto ama. Il sogno, l’eros e le fantasie si mescolano in un vortice di forme e colori dove la rappresentazione del piacere è non meno geniale: l’impasto, cotto a puntino, si solidifica e diventa pane.

Un tempo che, scandito dagli applausi e dalle risate della platea, per noi scorre in maniera bizzarra. Immersi in questo luculliano banchetto d’animazione, il mondo collaterale (quello vero) sembra non appartenerci. Tutte le cose belle prima o poi finiscono, e così ci congediamo dal grande schermo dialogando su ciò che si è fissato nella nostra memoria, nel ricordo di un lunedì sera perfetto.

 

Foto copertina: Camilla Ferrari (Istituto Italiano di Fotografia)

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