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Pablo Larraín a Venezia 73 con la sua "Jackie": «racconto il punto di vista della donna che amava JFK»

Si è svolta questa mattina la conferenza stampa di presentazione di Jackie, uno dei film più attesi della Mostra del Cinema di Venezia.

A presenziare sono stati il regista Pablo Larrain e la star del film, il premio Oscar Natalie Portman: ecco il resoconto dell’incontro con la stampa.

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Pablo, perché Jackie Kennedy?

Perché no? Sono stato contattato da Darren Aronofsky durante il Festival di Berlino del 2015 e, anche se non sono americano e arrivo da una cultura differente, ho visto in questo progetto una grande opportunità. Ricordo di aver letto un rapporto della commissione Warren che descriveva la morte del presidente Kennedy e sono rimasto colpito dal dettaglio di Jackie seduta al suo fianco, mentre moriva. Mi sono chiesto come potesse essere raccontare una storia risaputa da un altro punto di vista, quello della donna che amava JFK. È la prima volta che faccio un film su un personaggio femminile e lavorare con Natalie è stata una esperienza unica.

Natalie e Pablo, guardando il film ho avuto l’impressione che abbiate voluto raffigurare due personaggi in uno: la Jackie pubblica e la Jackie privata. Come siete riusciti a combinare queste due istanze nel film?

Natalie Portman: Abbiamo studiato guardando filmati d’epoca, ascoltando audio registrati e altri film che avevano Jackie tra i suoi personaggi principali: abbiamo cercato di trasporre nella maniera più fedele possibile la sua voce, la sua presenza, il suo carisma e la sua diversità nel relazionarsi tra pubblico e privato. In pubblico era più timida, forse anche più fredda e distaccata, nel suo atteggiamento c’erano sempre dei piccoli dettagli, dei piccoli comportamenti diversi. Fa parte del conflitto interiore e esteriore che si viene a creare quando si sa di essere un simbolo, un’icona.

Pablo Larrain: Quando si gira un film del genere, il materiale di repertorio a disposizione è vastissimo, ma ci sono tante cose che non si possono conoscere perché accadono dietro le porte e qui sta all’intuito e alla fantasia dell’artista cercare di ricreare un mondo meno accessibile. Credo che Jackie fosse una persona incredibilmente misteriosa, uno dei più sconosciuti tra i personaggi noti al mondo. Quindi era una grande sfida utilizzare lo strumento cinematografico per arrivare a lei e raccontare questo paradossale mix di emozioni e mistero. Abbiamo cercato di fare qualcosa che stimolasse il pubblico ed ecco perché credo che Natalie sia riuscita a dare il meglio di sé e quello che volevamo raccontare del personaggio di Jackie.

Pablo, la struttura non del tutto lineare del film contribuisce ad alimentare ulteriormente il mistero e la difficoltà nel capire il personaggio di Jackie, complesso e sfuggevole. Hai scelto questo approccio per raccontare i diversi strati della personalità dell’ex First Lady?

Abbiamo cercato di raccontare la storia di Jackie attraverso fette di memoria, associazione di idee, unendo fatti senza seguire necessariamente un ordine cronologico, tentando la strada di una narrazione più emozionale e una struttura più privata. La descriverei più come un tentativo di entrare dentro di lei, nel suo mondo. Si tratta di un film che ha come protagonista qualcuno che affronta una crisi profonda; ci sono informazioni che conosciamo già, ma noi cerchiamo di raccontarle dal suo punto di vista, cercando di dar vita a qualcosa di inedito.

Natalie, puoi parlarci della spiritualità del tuo personaggio e della sua perdita d’innocenza dopo l’omicidio?

La conversazione con il prete è fondamentalmente una fantasia e da lì siamo partiti per parlare di un altro aspetto di questo personaggio che affronta la perdita e che pone in dubbio la propria fede. La parte spirituale di Jackie emerge naturalmente, tra le righe, in maniera del tutto spontanea. Per quanto riguarda la perdita dell’innocenza, quello a cui tendevo erano i sentimenti a cui lei pensava continuamente e ho cercato di arrivare a lei, al suo personaggio cercando di addentrarmi il più possibile. Al di là della sua componente misteriosa, è una donna come le altre: una madre, una moglie, per di più tradita, è una persona con i suoi difetti e le sue paure.

Pablo, dopo Neruda un altro biopic ma con uno stile completamente diverso. Perché hai deciso di adottare queste scelte di regia?

Non ho scelto uno stile diverso di regia, ma ho fatto i film nel modo che ritenevo migliore. Sono film molto diversi e posso dirle che il primo giorno di riprese, ho chiesto a Natalie di avvicinarsi alla macchina da presa: questo è Jackie; è Natalie il vero fulcro del film. Volevo fosse qualcosa di molto intimo per fare sentire allo spettatore quello che ha sentito lei nei momenti di elaborazione del lutto. Grazie a quello che ha fatto Natalie, credo che abbiamo catturato un’umanità in pericolo, ecco perché penso che avessimo qualcosa di importante con questo film.

Natalie, credi che questo sia il ruolo più impegnativo della tua prestigiosa carriera?

Non so se sia stato il più impegnativo, ma il più pericoloso ruolo della mia carriera di sicuro. Mi sono dovuta confrontare non solo con un personaggio realmente esistito, ma con uno dei più famosi della storia, una vera e propria icona, del cui aspetto pubblico si sa molto. Non ho mai pensato di poter interpretare una persona realmente esistita, ma ho cercato di fare del mio meglio.

Pablo, ci sono dei diari scritti da Jackie a cui ti sei ispirato?

Esiste un numero spaventoso di materiali dedicati a Jackie: da libri a registrazioni audio ai filmati d’epoca. Con le biografie puoi correre dei rischi quando cerchi di fare in modo che l’attrice sia completamente simile al personaggio realmente esistito. Non volevamo solo creare una imitazione, ma dar vita a un racconto che parlasse di bellezza, di paura, della complessità dell’animo umano. Si tratta di un biopic? Non credo. Semplicemente è il racconto di fantasia creato da diverse menti creative che si sono confrontate e hanno dato vita a qualcosa di unico per mettere in scena la vita, i conflitti interiori e i sentimenti di una persona così affascinante.

Natalie, ti sei ispirata ad altri film dedicati al personaggio di Jackie o ad altre interpretazioni di questo personaggio?

In realtà non mi sono ispirata ad altri film o ad altre interpretazioni. Ho guardato con attenzioni i filmati d’epoca, in modo particolare quelli dei tour all’interno della Casa Bianca guidati da lei. Ma abbiamo preso ispirazione soprattutto dal personaggio reale e da materiali scritti.

Pablo, il mito di Camelot speso e volentieri viene associato all’amministrazione Kennedy, come una realtà idilliaca che bruscamente si interrompe. Ma nel corso degli anni questo mito associato alla presidenza Kennedy è stato ridimensionato. Perché tu lo hai riportato in luce?

Originariamente c’era questo nel copione e io sono rimasto fedele. Volevamo fare in modo che anche i non americani potessero relazionarsi con questo film e abbiamo cercato di lavorare tentando di rendere le idee del film comprensibili a tutti. Jackie spiega che cos’è Camelot, una specie di illusione e fantasia, un mondo a parte rispetto a una realtà complessa e ricca di contrasti come quella degli anni Sessanta.

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