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Pillola rossa o pillola blu? La rivoluzione di Matrix tra filosofia e fantascienza

“Wake up, Neo…”




7 maggio 1999, alle porte del nuovo millennio, gli allora fratelli Andy e Larry (ora sorelle Lana e Lilly) Wachowski diedero alla luce uno dei film che maggiormente ha segnato il cinema a cavallo tra i due secoli, vero e proprio spartiacque nel genere sci-fi: Matrix. Titolo quantomai significativo, considerando l’allarmismo per il Millennium Bug, e quindi non deve stupire se nelle sue vite parallele Neo/Thomas A. Anderson (Keanu Reeves) è un hacker/programmatore o, per dirla in altre parole, qualcuno che crea il sistema e qualcuno capace di distruggerlo dall’interno. L’agente Smith (Hugo Weaving), leggendo i fascicoli riguardanti la sua esistenza, dirà a Neo che una delle due vite non avrà futuro, ma si sbaglia: l’Eletto – in originale the One, anagramma di Neo – riesce a coniugare queste dimensioni solo apparentemente distinte, ma entrambe parti di una personalità unica e rivoluzionaria, quella di chi ha preso coscienza di sé stesso e delle sue capacità, in grado quindi di rivoluzionare il sistema. Filosofia e blockbuster, fantascienza e thriller, pensiero orientale e tecnologia occidentale: ed è solo l’inizio.

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“Segui il coniglio bianco…”



Lewis Carroll incontra la fantascienza in quest’opera dove la tana in cui precipita Neo è la più profonda in cui si possa cadere, il labirinto della mente umana, un viaggio arduo, in cui il premio finale è quanto di più prezioso ci possa essere: la libertà. Quello di Alice era un sogno, lo stesso Neo vive in un sogno, Matrix, dal quale, paradossalmente, è proprio un personaggio di nome Morpheus (Laurence Fishburne) che riesce a risvegliarlo, aiutato da Trinity (Carrie-Anne Moss) – quanto e come c’entri la religione cattolica, è difficile a dirsi con precisione, benché ci si trovi di fronte a morte e resurrezione – e osteggiato da Cypher (un chiaro richiamo a Lucifer). Tornando a Carroll, non è un caso che dopo aver ingoiato la pillola rossa (“e vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio”), Cypher avvisi Neo (“Allacciati la cintura Alice, perché da adesso di meraviglie ne vedrai un bel po’ “) e lui passa, fuor di metafora, attraverso lo specchio. Inglobato letteralmente e catapultato nel mondo reale, sempre che di reale ci sia una definizione. Un reale che Neo già inconsapevolmente negava quando viveva in Matrix, al punto da conservare i programmi scaricati illegalmente in in libro finto, con la scritta “On nihilism” (sul nichilismo) a dare un ulteriore indizio della direzione verso cui viene portato lo spettatore.


“Sono morto, vero?”  “Tutto l’opposto”



Ecco la prima rinascita di Neo, un brusco risveglio dopo il quale non riesce a tenere gli occhi aperti, per il dolore. Come gli uomini che uscivano dalla caverna nel celeberrimo mito di Platone, forse l’elemento filosofico più immediato del film, ma che chiaramente non è l’unico. Ma è giusto scavare, perdendosi in riflessioni tra Nietzsche e Cartesio, tra nichilismo e teorie superomistiche da un lato e cartesianesimo dall’altra, una teoria filosofica secondo cui mente e corpo sono dimensioni ben distinte e la realtà sia solo frutto di sensazione e percezione soggettiva, che altro non è se non ciò che Morpheus spiega a Neo quando gli mostra la prima volta Matrix. Neo, umanamente, rifiuta, prima di uscire dall’immagine residua di sé (ovvero l’ideale di noi stessi, ciò che ci piacerebbe essere) e tornare al quartier generale di Morpheus, dove vomita, richiamando alla memoria La nausea di Jean-Paul Sartre. Neo non sopporta la verità, è a tutti gli effetti impossibile da digerire per lui, anche se dopo essersi liberato da quel peso allora può iniziare a vivere per davvero: e dopo aver imparato le arti marziali e aver mostrato valori neurocinetici fuori dalla norma (tutto ciò che vediamo, non va dimenticato, è tutta rappresentazione di ciò che accade nella testa. “Un corpo non sopravvive senza mente”, quindi se vieni ucciso in Matrix muori anche nel mondo ‘reale’) è il momento del salto, un salto nel buio, come avrebbe detto Kierkegaard.


“Temet Nosce” (“Conosci te stesso”)



L’Oracolo (di Delfi?) da cui Morpheus porta Neo è un’ulteriore figura significativa di un film stratificato e dalle molteplici letture. Ma il punto interrogativo si può togliere considerando che Socrate non prende il responso dell’oracolo come verità, ma ne approfondisce il significato per arrivare a capire la verità, appropriandosene: non è forse questo che intende Morpheus quando dice “Non pensare a quello che ti dirà in termini di giusto o sbagliato”?. L’Oracolo è con il gruppo sin dall’inizio della Resistenza e tra i “potenziali eletti” c’è un bambino buddhista che spiega a Neo come giungere alla verità: “il cucchiaio non esiste”, quindi è lui stesso a piegarsi, non il cucchiaio. Ma la conversazione con l’Oracolo porta ad un ulteriore livello di profondità, questa volta concentrato sulla personalità stessa di Neo, aggiungendo un ulteriore tassello a quel “non pensare di esserlo, convinciti di esserlo”, pronunciato da Morpheus tra un colpo di kung fu e l’altro. Consapevolezza in se stessi, presa di coscienza delle proprie possibilità, delle proprie abilità e del proprio valore. “Sei tu che gestisci la tua vita”, che è poi la ragione per cui Neo non crede nel destino, come lui stesso afferma nelle prime sequenze del film.


“Sei nato una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore. Una prigione per la tua mente”



L’invito qual è quindi? Mettere in discussione la realtà del 1999? Portare lo spettatore a una riflessione su se stesso? Probabilmente entrambe le cose, anche se quello che stupisce è come sia un film ancora più attuale a 20 anni di distanza, in una realtà in cui il virtuale assume connotati sempre più importanti e dove gli Avatar e i profili sui social sono ben più che “immagine residua di sé”. L’invito è alla creatività e alla velocità di pensiero, per poter cambiare ciò che I.A., l’Intelligenza Artificiale, non è comunque in grado di replicare e quindi di fronteggiare: coraggio, sentimenti, emozioni. Tutto ciò che ci rende umani.


“SYSTEM FAILURE”

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