Quando l’amato nonno (Terence Stamp) lascia a Jacob (Asa Butterfield) indizi su un enigma che attraversa mondi e tempi alternativi, il ragazzo si ritrova in un luogo magico noto come “la casa per bambini speciali di Miss Peregrine" (Eva Green). Ma il mistero si infittisce quando Jake conosce gli abitanti della grande villa, i loro poteri speciali e i loro potenti nemici.
Tim Burton adatta il romanzo La casa per bambini speciali di Miss Peregrine, risalente al 2011 e scritto da Ransom Riggs, traendone un prodotto personale e imbevuto della poetica del regista californiano. Il materiale narrativo offerto dal libro, che non a caso nasce dal ritrovamento di strane fotografie di piccoli freaks, non poteva d’altronde che sposarsi a meraviglia con la sensibilità di Burton, da sempre avvezza a esplorare la diversità e il disadattamento delle proprie creature, non di rado immortalate in una condizione di purezza ancora prossima all’infanzia e all’età dell’innocenza. Nonostante questo, però, la relazione tra il testo di Riggs e la messa in scena di Burton è tutt’altro che compiuta e coesa: il regista di Edward mani di forbice (1990) accumula in maniera disorganica e scarsamente efficace le suggestioni provenienti dal libro illustrandole in modo caotico e affastellato, con vistose carenze di scrittura e una sceneggiatura che fatica a dare concretezza e credibilità tanto ai personaggi, che rimangono quasi tutti in superficie, quanto alle molteplici fantasie visionarie. A dispetto della fragilità del disegno generale, sfilacciato e difforme, il film dà l’idea di un Burton piuttosto libero e allo stato brado, che accumula senza sosta elementi lugubri anche piuttosto disturbanti, patimenti sospesi tra la fanciullezza e l’adolescenza e momenti all’insegna dell’invenzione purissima, come la scatenata sequenza con gli scheletri che fa capolino nell’ultima parte e che può legittimamente ricordare le fulminanti zampate dei tempi di Mars Attacks! (1996). I dettagli autobiografici non mancano – la figura peculiare del nonno, la metafora di un anello temporale che diluisce all’infinito il tempo di un’infanzia remissiva e malinconica – ma la galleria di “alieni” burtoniani fatica a colpire nel segno: la Miss Peregrine di Eva Green è piuttosto sacrificata, mentre Samuel L. Jackson è un villain inerme e fin troppo macchiettistico. Assai evocativi, in compenso, dal punto di vista concettuale più che visivo, i temibili vacui, terribili mangiatori di occhi, per non parlare di un ragazzino in grado di proiettare i propri sogni su grande schermo con una semplice lente oculare. Alquanto sprecato, invece, il contesto bellico della vicenda e le metafore che ne sarebbero dovute scaturire. Judi Dench è Esmeralda Avocet, Allison Janney un’inquietante psicanalista.