Alien: Covenant
Alien: Covenant
2017
Paese
Usa
Generi
Fantascienza, Thriller
Durata
123 min.
Formato
Colore
Regista
Ridley Scott
Attori
Michael Fassbender
Katherine Waterston
James Franco
Noomi Rapace
Guy Pearce
Billy Crudup
Demian Bichir


Dieci anni dopo gli eventi che sconvolsero la nave scientifica Prometheus, l’androide Walter (Michael Fassbender) è da solo sull’astronave Covenant, in viaggio verso il lontano pianeta Origae-6, dove i coloni intendono stabilire un nuovo avamposto per ospitare una rinascita della razza umana. A bordo insieme a Walter galleggiano 2000 persone addormentate artificialmente in un profondo iper-sonno di natura criogenica…

Ridley Scott riprende ancora una volta in mano le vicende del letale xenomorfo partorito sul finire degli anni settanta dall’estro nerissimo e dalla fantasia macabra di Carlo Rambaldi e di H.R. Giger, realizzando, con Alien: Covenant, il sequel di Prometheus (2012), già di suo anticipatore degli eventi narrati nel capostipite del 1979. L’ulteriore ampliamento dell’universo narrativo e dell’immaginario di una saga che ha cambiato il volto del cinema degli ultimi decenni non produce però alcun effetto significativo e l’originalità dell’insieme è prossima alla zero: fin dal prologo, Scott ricorre a un registro cupo e insolitamente alto, in cui le strizzate d’occhio al David di Donatello (David era il Fassbender di Prometheus, con l’attore che qui veste anche i panni dell’androide Walter), alla Natività di Piero della Francesca e perfino a Star Wars si fondono in un proemio estetizzante, glaciale e asettico, carico di ambizione ma anche posto sul baratro dello sfasamento di registro e del ridicolo involontario. Il tema del doppio, esplicitato dal ruolo multiplo di Fassbender nei panni dell’ultimo sopravvissuto della precedente spedizione e del traghettatore di una nuova speranza vitale, è anch’esso risolto e sviluppato in maniera confusa e grossolana: l’inutile appendice shakespeariana di uno sconnesso e spettrale b-movie truccato da blockbuster, che fallisce quando tenta strade inopportunamente auliche (Alien: Paradise Lost, per scomodare John Milton, era stato uno dei titoli di lavorazione) e tenta di riflettere sul tema della creazione e dei massimi sistemi, franando su se stesso e sulle proprie pasticciate velleità. Un prolungamento della saga che ha il sapore del pilota automatico, sfiatato e incolore, del quale non si sentiva alcun bisogno e in cui tutto somiglia, per l’appunto, a una “mesta necropoli”. Anche la dimensione splatter e sanguinolenta, piuttosto calcata, non va oltre il body counting e le idiosincrasie attraverso cui Scott tenta di umanizzare a tutti i costi i propri alieni trovano poca consistenza per via di personaggi abbozzati e incolori, sacrificati dal disegno complessivo. Disarmanti la scena con Walter e David, che qui torna a mo’ di cavaliere Jedi in versione Robinson Crusoe, alle prese con la diteggiatura del flauto e la sequenza dell’irruzione dello xenomorfo in una doccia ad alto tasso erotico. Katherine Waterston nei panni dell’esperta di terraformazione Daniels è azzeccata e volenterosa, ma replicare il carisma di Sigourney Weaver è impresa persa in partenza. John Logan e Dante Harper sostituiscono il Damon Lindelof di Prometehus alla sceneggiatura, senza sussulti. Finale sulle note de L’ingresso degli dei nel Valhalla di Richard Wagner, a proposito di manie di grandezza fuori misura.


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