Cantante in un locale notturno di Kinshasa, Félicité (Véro Tshanda Beya) vede la sua vita sfuggirle di mano quando è costretta a fronteggiare una ingente spesa affinché il figlio possa essere operato dopo un grave incidente stradale. Determinata a fare il possibile per salvare il ragazzo, Félicité inizia un doloroso cammino alla ricerca del denaro necessario, con il sostegno affettivo del conoscente Tabu (Papi Mpaka). Franco-senegalese classe 1972, Alain Gomis ha realizzato un sensibile ritratto incentrato su una intensa protagonista femminile, che attraverso la ferma convinzione dei propri mezzi e la manifestazione fiera ma trattenuta di una struggente dignità riesce a farsi largo tra le brutture della vita. Nella prima parte, la più riuscita, quando il focus è totalmente su Félicité, emerge in maniera cristallina l'affetto della ragazza per la propria terra, grazie anche al significativo contributo della musica, unico momento di evasione che possa spezzare una dura quotidianità fatta di povertà e piccoli gesti. La macchina da presa segue da vicino i personaggi, tra espressivi primi piani e concitate scene di gruppo con il canto e la danza a farla da padroni: viene in mente lo stile di Abdellatif Kechiche, ma Gomis ha carattere e riesce a firmare un’opera profondamente personale. Il crudo realismo lascia spazio anche a suggestioni quasi oniriche (il bagno notturno), che sembrano auspicare un ritorno alla purezza delle origini, lontano da meschinità e schiavitù verso il denaro. Un'opera ben girata e di notevole impatto emotivo, in cui il desiderio di realizzare una parabola che vada al di là dell'esperienza individuale porta a qualche prolissità di troppo prima del riuscito finale. Vincitore del Gran Premio della Giuria alla Berlinale 2017.