Loro
2018
Paese
Italia
Genere
Biografico
Durata
150 min.
Formato
Colore
Regista
Paolo Sorrentino
Attori
Toni Servillo
Elena Sofia Ricci
Riccardo Scamarcio
Kasia Smutniak
Euridice Axén
Chiara Iezzi
Fabrizio Bentivoglio
Roberto Herlitzka
Ricky Memphis
Dario Cantarelli
Roberto De Francesco
Ugo Pagliai
Anna Bonaiuto
Duccio Camerini
Iaia Forte
Michela Cescon
Alice Pagani

2006. Sergio Morra (Riccardo Scamarcio) è un arrivista pugliese che si circonda di eccessi e bella vita, inseguendo il piacere della carne e un’ansia di successo che non conosce barriere morali. Incontra Kira (Kasia Smutniak), donna bellissima, seducente e misteriosa, mentre la sua compagna Tamara (Euridice Axen) flirta smaniosamente con il ministro Santino Recchia (Fabrizio Bentivoglio) per meri scopi utilitaristici. L’ossessione di Sergio, però, è conoscere Silvio Berlusconi (Toni Servillo), figura chiave dell’Italia contemporanea, inchiodato alla prospettiva di un’uscita di scena dalla politica. Per rientrare al governo, il suo doppio Ennio (sempre Servillo) gli suggerisce di corrompere sei senatori di centrosinistra per far cadere l’esecutivo e poi andare a nuove elezioni. Da lì a poco, sua moglie Veronica Lario (Elena Sofia Ricci), dopo aver scoperto che il marito si intrattiene con alcune minorenni, decide di chiedere il divorzio. La vita di Silvio è a un bivio e il baratro della vecchiaia, nonostante tutto, dietro l’angolo.

Versione unica del film che Paolo Sorrentino ha dedicato a Silvio Berlusconi, Loro accorpa Loro 1 e Loro 2 in un montaggio unitario, destinato al mercato americano (Sorrentino l’ha infatti presentato al Festival di Toronto 2018). Questo nuovo cut non si traduce però in un assemblaggio di scene con inedite soluzioni creative, perché di fatto provvede sostanzialmente a giustapporre il primo e il secondo capitolo, decurtando alcune scene meno essenziali sia nella prima che nella seconda parte. Tra di esse, in particolare, ce n’è più d’una relativa al personaggio di Bentivoglio, che ne esce abbastanza monco e sacrificato. Al di là di tale fisiologico squilibrio il progetto ne guadagna però in organicità e compattezza, pur non raggiungendo le vette di Loro 2, a riprova del fatto che un unico film sarebbe stato preferibile anche dal punto di vista commerciale ed editoriale. I dialoghi tipici di Sorrentino, apodittici e a effetto, si perdono meno in rivoli inessenziali e il cuore del film ne esce potenziato e batte a ritmi molto più sostenuti: l’indagine della tenerezza dentro lo squallore, ma anche la radiografia di un’umanità imbambolata a fissare un orizzonte di piacere da inseguire, per scacciare la paura della vanità e della morte, in un raptus di tenerezza impossibile, oltre ogni abiezione. Nel film unico Loro è anche l’amplificato il rispecchiarsi tra le due storie d’amore “fallite” e morte sul nascere che sono l’ossatura della narrazione, ovvero quella tra Berlusconi e la moglie Veronica Lario da un lato e la confusione sentimentale del personaggio di Scamarcio dall’altro, diviso tra l’affetto sdrucito per Tamara, vessato da vizi e opportunismi, e quello, più struggente e tormentato, per Kira. Il Berlusconi di Servillo entra in scena anche in questo caso dopo 40 minuti e gli echi della giovinezza della Lario, attraverso uno stacco di montaggio in più particolarmente significativo, guadagna risonanza. Il film rimane, ad ogni modo, un grandissimo spettacolo audiovisivo che incorpora la dimensione dello sketch tipico dell’estetica e dell’ideologia berlusconiana in un’elettrizzante connivenza con lo stile di Sorrentino, perfettamente a suo agio in questa deformazione cabarettistica e miserevole della realtà e delle sue stesse invenzioni stilistiche, le stesse grazie per le quali il suo tocco è diventato nel tempo così peculiare e riconoscibile. La frase “Non ti riveli mai, sei solo una lunghissima interminabile messa in scena”, che Veronica rivolge a Silvio, in fondo non può che apparire come una firma in calce piuttosto eloquente di un autore maiuscolo per vocazione e per identità, che affida a quella battuta una personale dichiarazione d’intenti della propria bulimia semantica oltre che visiva, meravigliosamente noncurante dei propri eccessi e dei mal di pancia di una parte della critica e del pubblico.

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