Nel deserto di Atacama, in Cile, sono installati i telescopi più potenti del mondo. Mentre gli scienziati esplorano le immensità del cielo, gli archeologi sondano il terreno alla ricerca delle tracce delle popolazioni precolombiane. Tra gli uni e gli altri si aggira un terzo fronte di ricerca: i parenti dei desaparecidos massacrati sotto il regime di Pinochet, a caccia dei resti dei loro cari. Iniziando un'indagine mirata a definire le immensità dell'universo astronomico, Patricio Guzman poco alla volta cambia la rotta del suo documentario, focalizzandosi sull'importanza della vita umana. Seppur attraverso uno stile canonico ed elementare (che a tratti si rivela pedante e ripetitivo), il cineasta cileno riesce a riflettere in maniera efficace sul passato della sua terra d'origine, conducendo interviste emotivamente strazianti senza tuttavia privarsi del tocco felpato e rispettoso che gli si addice. Nostalgia della luce risulta così un film solido e profondo, capace di scavare tanto negli spazi sterminati dell'etere quanto in quelli più profondi della memoria umana, con l'unico scopo di far (ri)emergere quanto ancora ci sia di misterioso tra le stelle e tra le comuni vite di un popolo sottomesso a una feroce dittatura. Probabilmente più lungo e prolisso del dovuto, il film riesce comunque a lasciare il segno, muovendosi coraggiosamente all'interno di tematiche delicate e scottanti non ancora del tutto risolte e indovinando alcuni passaggi tematici originali e significativi.