Il premio
2017
Paese
Italia
Generi
Commedia, Drammatico
Durata
90 min.
Formato
Colore
Regista
Alessandro Gassmann
Attori
Gigi Proietti
Alessandro Gassmann
Rocco Papaleo
Anna Foglietta
Matilda De Angelis
Erika Blanc
Giovanni Passamonte (Gigi Proietti) ha avuto una vita piena di eccessi ma anche di soddisfazioni, è uno scrittore di successo internazionale e ha appena vinto il Nobel per la letteratura. Ha paura di volare e decide allora di andare a ritirare il premio a Stoccolma con un viaggio in auto insieme al fedele Rinaldo (Rocco Papaleo), suo assistente di lungo corso, e ai figli Oreste (Alessandro Gassmann), personal trainer in crisi, e Lucrezia (Anna Foglietta), blogger di successo ossessivamente attaccata ai social.
A partire da un curioso spunto on the road, che si rapporta palesemente con un vissuto da figlio d’arte e con i retaggi famigliari di un’esperienza prossima all’autore, Alessandro Gassmann torna dietro la macchina da presa dopo Razzabastarda e il documentario Torn – Strappati per il racconto di un viaggio in cui un padre ingombrante e carismatico fa i conti con i propri cari. Un dispositivo non nuovo, al quale il film di Gassmann si appoggia per orchestrare uno spostamento da Roma a Stoccolma in cui succederà di tutto e molte tensioni sopite verranno a galla, tra scoperte e malinconie, tra durezza e risate. Il tentativo in partenza sarebbe anche apprezzabile, soprattutto per la vena riflessiva e al contempo brillante con cui Gassmann prova a intavolare un confronto generazionale usando il carisma recitativo di Proietti, da sempre sottoutilizzato al cinema, ma gli esiti finali lo sono molto meno: i personaggi, per quanto definiti nelle singole caratteristiche, sono forzati all’inverosimile e appaiono calati dall’alto in maniera innaturale dentro il racconto, senza che si abbia la sensazione di conoscerli da sempre e meccanicamente schiavi dei loro eccessi. Ancor più farraginosa, al di là della regia diligente, è la sceneggiatura, firmata dal regista, Walter Lupo e Massimiliano Bruno, che alterna parentesi più misurate ad altre stonate e grossolane in cui dominano la risata facile, lo spunto grottesco ma mai fino in fondo (l’incontro con la vecchia diva che vuole farsi congelare per l'eternità), gag triviali da cinepanettone qualunque (la morte del gatto) e scombinate sortite di grana grossa. I tanti spunti e registri sono mal dosati e non si armonizzano mai tra di loro, il finale chiude il cerchio in maniera frettolosa e irrisolta e la sensazione conclusiva è quella di un’occasione malamente persa.
A partire da un curioso spunto on the road, che si rapporta palesemente con un vissuto da figlio d’arte e con i retaggi famigliari di un’esperienza prossima all’autore, Alessandro Gassmann torna dietro la macchina da presa dopo Razzabastarda e il documentario Torn – Strappati per il racconto di un viaggio in cui un padre ingombrante e carismatico fa i conti con i propri cari. Un dispositivo non nuovo, al quale il film di Gassmann si appoggia per orchestrare uno spostamento da Roma a Stoccolma in cui succederà di tutto e molte tensioni sopite verranno a galla, tra scoperte e malinconie, tra durezza e risate. Il tentativo in partenza sarebbe anche apprezzabile, soprattutto per la vena riflessiva e al contempo brillante con cui Gassmann prova a intavolare un confronto generazionale usando il carisma recitativo di Proietti, da sempre sottoutilizzato al cinema, ma gli esiti finali lo sono molto meno: i personaggi, per quanto definiti nelle singole caratteristiche, sono forzati all’inverosimile e appaiono calati dall’alto in maniera innaturale dentro il racconto, senza che si abbia la sensazione di conoscerli da sempre e meccanicamente schiavi dei loro eccessi. Ancor più farraginosa, al di là della regia diligente, è la sceneggiatura, firmata dal regista, Walter Lupo e Massimiliano Bruno, che alterna parentesi più misurate ad altre stonate e grossolane in cui dominano la risata facile, lo spunto grottesco ma mai fino in fondo (l’incontro con la vecchia diva che vuole farsi congelare per l'eternità), gag triviali da cinepanettone qualunque (la morte del gatto) e scombinate sortite di grana grossa. I tanti spunti e registri sono mal dosati e non si armonizzano mai tra di loro, il finale chiude il cerchio in maniera frettolosa e irrisolta e la sensazione conclusiva è quella di un’occasione malamente persa.
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