I quattrocento colpi
Les quatre cents coups
1959
Rai Play
Paese
Francia
Genere
Drammatico
Durata
99 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
François Truffaut
Attori
Jean-Pierre Léaud
Claire Maurier
Albert Rémy
Patrick Auffay



Il dodicenne Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud) fatica a trovare il suo posto nel mondo, non ha un buon rapporto con la famiglia e rompe gli obblighi sociali che la sua giovane età gli impone, marinando la scuola e manifestando in ogni occasione il suo carattere intemperante. Finirà in riformatorio dopo aver rubato una macchina da scrivere.

Il folgorante esordio di François Truffaut, che vinse il premio per la miglior regia al Festival di Cannes nel 1959 e portò il suo autore alla ribalta della scena internazionale. Nel giro di poco tempo, il giovane critico dei Cahiers du Cinéma si ritrovò nell'élite della cultura e del cinema che conta, aprendo la strada ai “colleghi” della Nouvelle Vague e dando corpo a quello che sarebbe stato uno dei fenomeni e movimenti più rilevanti del suo tempo sotto il profilo storico-artistico. Il giovane protagonista di I quattrocento colpi è una versione finemente trasposta e autobiograficamente connotata dell'autore stesso, che, alcuni anni dopo l'uscita del film, rivelò di avere aumentato l'intensità espressiva dell'allora quindicenne Jean-Pierre Léaud, in modo a dir poco geniale e da grande direttore d'attori, unendosi a lui in un patto segreto contro il resto del cast e della troupe; operazione decisamente riuscita, visto che si tratta di una delle vette della storia del cinema francese e mondiale, un poema per immagini (oltre che un saggio narrativo di pedagogia) sulla solitudine di un ragazzo che sconta nell'angoscia l'indifferenza e l'ingiustizia di adulti incapaci di dargli ascolto e soprattutto affetto, sordi alle sue esigenze, impossibilitati a cogliere la ricchezza e la vitalità del suo spirito inquieto. Un distillato degli istinti creativi più esuberanti dell'epoca, in grado ancora oggi di far vibrare il cuore e di emozionare generazioni intere, che sembra non pagar dazio allo scorrere del tempo, dotato com'è di una libertà che pare poter invadere e abbracciare qualsiasi cosa, non ultimo lo spettatore stesso. Il finale, con il celebre frame-stop sullo sguardo in macchina del giovane protagonista, è rimasto giustamente nella memoria collettiva, oltre che, naturalmente, in ogni manuale di storia del cinema che si rispetti: un gesto formalmente incommensurabile, per l'epoca, legittimamente celebrato e imitato a più riprese. Truffaut riprenderà il personaggio di Antoine Doinel, seguendone la crescita, in altre quattro pellicole:Antoine e Colette (episodio de L'amore a vent'anni del 1962), Baci rubati (1968), Non drammatizziamo... è solo questione di corna (1970) e L'amore fugge (1979).

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