Serenity – L'isola dell'inganno
Serenity
2019
Paesi
Gran Bretagna, Usa
Generi
Drammatico, Thriller
Durata
106 min.
Formato
Colore
Regista
Steven Knight
Attori
Matthew McConaughey
Anne Hathaway
Diane Lane
Jason Clarke
Djimon Hounsou
In fuga da un passato traumatico, Baker Dill (Matthew McConaughey) si è ritirato a Plymouth, su un'isola al largo della Florida, lontano da tutte le persone che conosceva. Solitario e irascibile, nelle battute di pesca insegue senza speranza un tonno gigante e una volta a terra frequenta la matura Constance (Diane Lane). Un giorno, l'ex moglie Karen (Anne Hathaway) si presenta sull'isola, chiedendogli di salvare lei e il loro figlio dal suo nuovo e violento marito (Joel Edgerton).

Terza prova dietro la macchina da presa per Steven Knight, noto sceneggiatore (tra i suoi copioni quelli di Piccoli affari sporchi di Stephen Frears e La promessa dell’assassino di David Cronenberg), passato anche alla regia con due film usciti lo stesso anno, Locke (2013) e Redemption – Identità nascoste (2013). Sei anni dopo ci riprova con un film indubbiamente ambizioso, che guarda alle basi narrative del noir classico e alla letteratura di Ernest Hemingway: quasi impossibile non vedere qualcosa de Il vecchio e il mare nella sfida tra l’animalesco e spiritato Baker Dill e il tonno che lo ossessiona e che lui chiama “Giustizia”, ma c’è anche un pizzico di To Have and Have Not, racconto che aveva portato sul grande schermo Howard Hawks con Acque del Sud (1944). Riferimenti importanti per una pellicola che, però, vola talmente alto da rischiare costantemente di cadere nel ridicolo involontario, in un andirivieni di erotismo greve e patinato e apparizioni non legittimate, citazioni shakespeariane d’accatto e malesseri esistenziali appiccicaticci. C’è indubbiamente della sincerità in questo lungometraggio, ma sono troppe le ingenuità di un prodotto che ha alcuni personaggi mal scritti e totalmente grossolani, oltre a svolte narrative forzatissime per arrivare a un finale che gioca tutto su un colpo di scena sorprendente ma un bel po’ raffazzonato. La regia, inoltre, mette in campo scelte spesso controproducenti (risibili, in particolare, certe immagini accelerate), per suggerire la reale natura dell’universo in cui si trova il protagonista, interpretato da un luciferino Matthew McConaughey, ossessionato dal tabagismo, dal rum e dai fantasmi della guerra, che risulta intenso solo a tratti e il più delle volte sembra tuffarsi a perdifiato in un oceano di cattivo gusto. Netto flop al box office americano, dove ha guadagnato circa 8 milioni a fronte di una spesa di circa 25, e di critica, che si è scagliata contro il kitsch fuori controllo dell’operazione.
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