La vita di František Louka (Zdenek Svěrák), stimato violoncellista presso l'Orchestra Filarmonica Ceca, è scossa quando decide di accettare un matrimonio di convenienza con una giovane russa per ragioni esclusivamente economiche. Quando l'affare è concluso, la ragazza lo abbandona per raggiungere il vero amante nella Germania Ovest, lasciando a František il figlio di cinque anni, Kolja (Andrei Khalimon). Dopo i primi tempi, il violoncellista si affezionerà al bambino, mentre la rivoluzione di velluto è dietro l'angolo. Ancora in coppia col padre Zdenek, Jan Svěrák descrive un momento cardine della storia della Cecoslovacchia, la fine del comunismo grazie alla rivoluzione di velluto del 1988, e lo fa attraverso l'uso dell'ironia e della semplicità dello sguardo. Il fine è senza dubbio quello di educare, e a tratti può sembrare fin troppo didascalico nel suo svolgimento, ma il metro adoperato dal regista funziona e arriva dritto all'obiettivo finale: far presa sul vasto pubblico in maniera efficace e senza inutili sentimentalismi o patetismi, di solito preponderanti in prodotti simili. La prima parte funziona meglio, perché dotata di un respiro descrittivo più ampio e originale; la seconda si incanala, inevitabilmente, verso territori già battuti in precedenza, ma non per questo compromette più di tanto la discreta resa complessiva. Un film imperfetto, ma comunque efficace. Presentato alla Mostra di Venezia, vinse il premio Oscar come miglior film straniero.