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Piccolo Grande Cinema: la recensione di "Away"

In questi giorni si sta svolgendo a Milano "Piccolo Grande Cinema" e, tra i giurati di questa edizione, alcuni ragazzi hanno voluto curare insieme a noi i daily del festival, raccontandoci i film visti all'interno del concorso CineCineMondo.
Ecco la recensione di Away, scritta da Teresa Palombo.

Un ragazzo, paracadutato su un’isola misteriosa, dovrà attraversarla per sfuggire a una creatura oscura e raggiungere gli altri esseri umani. A bordo della sua motocicletta e accompagnato da un uccellino attraverserà paesaggi di ogni genere e dovrà superare ostacoli di diversa natura.

Il giovane animatore Gints Zilbalodis con il suo primo lungometraggio racconta un viaggio onirico, sospeso nello spazio e nel tempo, che dietro a una andatura semplice e lineare cela molteplici possibilità di interpretazione.
Di certo contiene molto del suo creatore e, anzi, il ragazzo potrebbe essere lo stesso Zilbalodis che, perseguitato dalla paura di fallire, nutrendo e accudendo il suo sogno, ha costruito, scenario dopo scenario, la sua opera.
L’isola, però, non è solo un’allegoria del film stesso ma anche della vita, varia e inesplorata, di ogni persona: il protagonista, nel rapporto che ha con sé stesso, con le proprie paure come con le ambizioni, diventa simbolo di ogni essere umano.
In una delle scene più suggestive di tutto il film, il lago su cui si trova il protagonista riflette il cielo, donando una bellissima immagine del ragazzo. Il personaggio sembra sospeso tra le nuvole con il suo riflesso e, proprio in quel momento, l’uccellino spicca il volo e si libra libero nell’aria: un bellissimo invito a riflettere su di sé e a far volare in alto i propri sogni.
Non vengono pronunciate parole, nell’atmosfera del film risulterebbero superflue, quasi fastidiose: ci si affida alla potenza comunicativa poetica delle immagini e alle musiche, anche quelle frutto del lavoro di Zilbalodis che le ha composte personalmente.
Il continuo fondersi di sogno e realtà ricorda molto lo stile di Miyazaki, come anche il tema onnipresente del volo, che pure il regista giapponese ha ampliamente trattato in film quali Porco rosso e Si alza il vento.
La grafica, invece, è di tutt’altro stile. Ben lontana dalle classiche animazioni 3D, come quelle della Pixar, si avvicina invece molto di più al mondo dei videogiochi. Il regista è appassionato di gaming e da qui ha attinto anche altri spunti, per esempio la suddivisione del lungometraggio in capitoli, che rimandano ai livelli dei giochi, oppure la mappa, elemento tipico dei videogames di avventura.
Il lungometraggio, già vincitore del Annecy International Animation Film Festival Awards, è un romanzo di formazione raccontato per immagini.

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