365 giorni
365 dni
2020
Netflix
Paese
Polonia
Generi
Drammatico, Sentimentale
Durata
114 min.
Formato
Colore
Registi
Barbara Bialowas
Tomasz Mandes
Attori
Michele Morrone
Anna Maria Sieklucka
Bronislaw Wroclawski
Otar Saralidze
Magdalena Lamparska
Un’energica manager bloccata in una relazione in crisi, Laura Biel (Anna Maria Sieklucka) viene rapita da un potente boss mafioso, Massimo Torricelli (Michele Morrone), che la imprigiona dandole un anno di tempo per innamorarsi di lui.
In scia alla trilogia letteraria delle Cinquanta sfumature di E.L. James, poi trasposta al cinema in una delle saghe erotiche più sconfortanti di sempre, 365 giorni, sorta di remake polacco del ciclo di film con Dakota Johnson e Jamie Dornan, ripropone uno schema narrativo analogo e le medesime dinamiche nel tratteggiare l’incontro (si fa per dire) tra i sessi a partire dal primo romanzo della scrittrice polacca Blanka Lipinska, anch’esso primo capitolo di un trittico. Tra assunti di sconfortante banalità («Le belle donne sono il paradiso degli occhi e l’inferno dell’anima», ma anche il «purgatorio del portafogli») e scene dal presunto erotismo - al contempo lugubre e plastificato, ipocrita e patinato - 365 giorni inanella stereotipi machisti, glorificazioni glamour dello stupro, donne asettiche simili ad autonomi che non vedono l’ora, di punto in bianco e al primo schiocco di dita, di lasciarsi schiavizzare e cannibalizzare dalla challenge estrema del fusto di turno, che per di più è anche un malavitoso. La subalternità del mondo femminile, in questo caso, si spinge perfino oltre le fregole sadomaso e le fantasie di potere delle Cinquanta sfumature, insistendo su sessismo da videoclip e fellatio animalesche con una compiacenza di dubbio gusto: un’oscenità latente che non ha la dignità trasparente e didascalica della performance pornografica, ma ne sfrutta sottobanco l’impatto per veicolare “messaggi” punitivi e mortificanti per l’intelligenza dello spettatore, incasellandoli oltretutto tra innocui fondali da pubblicità lussuosa e valanghe di musica pop spacca-classifiche. A condire il tutto, per il pubblico nostrano, battute come «Che bel caratterino, potresti essere italiana», battutacce sull’Etna e considerazioni sugli “italiani arrapati” che affollano la Sicilia. A dir poco inqualificabile la svolta della trama che accompagna l’epilogo, evidentemente al servizio dello scult pruriginoso che la precede. L’attore Michele Morrone, italiano già visto nel serial I Medici, è anche cantante ed esegue molti brani della colonna sonora. Distribuito su Netflix dopo un ottimo passaggio nelle sale in Polonia, si è rivelato un grande successo in tantissimi paesi piazzandosi in cima alle top ten dei film più visti.
In scia alla trilogia letteraria delle Cinquanta sfumature di E.L. James, poi trasposta al cinema in una delle saghe erotiche più sconfortanti di sempre, 365 giorni, sorta di remake polacco del ciclo di film con Dakota Johnson e Jamie Dornan, ripropone uno schema narrativo analogo e le medesime dinamiche nel tratteggiare l’incontro (si fa per dire) tra i sessi a partire dal primo romanzo della scrittrice polacca Blanka Lipinska, anch’esso primo capitolo di un trittico. Tra assunti di sconfortante banalità («Le belle donne sono il paradiso degli occhi e l’inferno dell’anima», ma anche il «purgatorio del portafogli») e scene dal presunto erotismo - al contempo lugubre e plastificato, ipocrita e patinato - 365 giorni inanella stereotipi machisti, glorificazioni glamour dello stupro, donne asettiche simili ad autonomi che non vedono l’ora, di punto in bianco e al primo schiocco di dita, di lasciarsi schiavizzare e cannibalizzare dalla challenge estrema del fusto di turno, che per di più è anche un malavitoso. La subalternità del mondo femminile, in questo caso, si spinge perfino oltre le fregole sadomaso e le fantasie di potere delle Cinquanta sfumature, insistendo su sessismo da videoclip e fellatio animalesche con una compiacenza di dubbio gusto: un’oscenità latente che non ha la dignità trasparente e didascalica della performance pornografica, ma ne sfrutta sottobanco l’impatto per veicolare “messaggi” punitivi e mortificanti per l’intelligenza dello spettatore, incasellandoli oltretutto tra innocui fondali da pubblicità lussuosa e valanghe di musica pop spacca-classifiche. A condire il tutto, per il pubblico nostrano, battute come «Che bel caratterino, potresti essere italiana», battutacce sull’Etna e considerazioni sugli “italiani arrapati” che affollano la Sicilia. A dir poco inqualificabile la svolta della trama che accompagna l’epilogo, evidentemente al servizio dello scult pruriginoso che la precede. L’attore Michele Morrone, italiano già visto nel serial I Medici, è anche cantante ed esegue molti brani della colonna sonora. Distribuito su Netflix dopo un ottimo passaggio nelle sale in Polonia, si è rivelato un grande successo in tantissimi paesi piazzandosi in cima alle top ten dei film più visti.
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