Il cielo brucia
Roter Himmel
2023
Paese
Germania
Genere
Drammatico
Durata
103 min.
Formato
Colore
Regista
Christian Petzold
Attori
Thomas Schubert
Paula Beer
Langston Uibel
Enno Trebs
Matthias Brandt
Due giovani amici berlinesi decidono di recarsi in una casa sulle coste del Mar Baltico per le vacanze. Leon (Thomas Schubert) è uno scrittore, ma sta attraversando una crisi, che lo porta a terminare con varie difficoltà il suo secondo romanzo mentre attende il suo editore; Felix (Langston Uibel), invece, deve comporre un portfolio da presentare all'Accademia delle Belle Arti. Appena arrivati, però, i due scoprono che in casa ci sono già degli inquilini.
Tre anni dopo Undine, il regista tedesco Christian Petzold firma il secondo capitolo di un’ipotetica trilogia dedicata alla solitudine e agli elementi naturali: se nel film del 2020 era l’acqua a essere protagonista, qui è invece il fuoco a dominare. Fin dalla prima sequenza il rumore degli elicotteri ci avverte di un pericolo che diventa man mano sempre più concreto col passare dei minuti: la vacanza si trasformerà in un incubo, quando il cielo inizierà a tingersi di rosso e la foresta vicina ad ardere furiosamente. Nonostante i numerosi personaggi in scena, Il cielo brucia ruota attorno al personaggio di Leon, scrittore frustrato e personaggio estremamente antipatico, che crede che tutto il mondo giri attorno a lui: la sua è una sorta di corazza di fronte a un’insicurezza dettata dai possibili giudizi sul suo lavoro e sulla sua difficoltà a rivelare i suoi sentimenti a Nadja (Paula Beer), personaggio femminile dai toni salvifici, simile a quello che l’attrice tedesca aveva interpretato nei due precedenti lungometraggi di Petzold. Non solo Undine, ma anche il bellissimo Transit (2018), che in italiano è stato tradotto come La donna dello scrittore, creando così un ulteriore collegamento con Il cielo brucia, film sulla creazione artistica e su come l’arte migliore possa nascere dai traumi e dal dolore, più che sul viziato tentativo di farsi ispirare semplicemente dal silenzio e dalla natura. Girato con grande eleganza e rigore formale, Il cielo brucia è un film che procede lentamente, si prende i suoi tempi per arrivare a scuotere, come un incendio che si avvicina pian piano e che viene rivelato da una (bellissima) sequenza in cui piove della cenere. L’andamento è costante, ma mancano però grandi guizzi narrativi capaci di rivelare qualcosa di davvero sorprendente allo spettatore: alcune dinamiche risultano un po’ forzate (i costanti cambi di ruolo, sentimentali e professionali, dei personaggi in scena), seppur i vari caratteri messi in campo siano individualmente ben scritti e approfonditi. Dopo un inizio notevole, il film si adagia un po’ troppo, prima di crescere nell’ultima, ottima mezz’ora. Presentato in concorso al Festival di Berlino dove ha vinto il Gran Premio della Giuria.
Tre anni dopo Undine, il regista tedesco Christian Petzold firma il secondo capitolo di un’ipotetica trilogia dedicata alla solitudine e agli elementi naturali: se nel film del 2020 era l’acqua a essere protagonista, qui è invece il fuoco a dominare. Fin dalla prima sequenza il rumore degli elicotteri ci avverte di un pericolo che diventa man mano sempre più concreto col passare dei minuti: la vacanza si trasformerà in un incubo, quando il cielo inizierà a tingersi di rosso e la foresta vicina ad ardere furiosamente. Nonostante i numerosi personaggi in scena, Il cielo brucia ruota attorno al personaggio di Leon, scrittore frustrato e personaggio estremamente antipatico, che crede che tutto il mondo giri attorno a lui: la sua è una sorta di corazza di fronte a un’insicurezza dettata dai possibili giudizi sul suo lavoro e sulla sua difficoltà a rivelare i suoi sentimenti a Nadja (Paula Beer), personaggio femminile dai toni salvifici, simile a quello che l’attrice tedesca aveva interpretato nei due precedenti lungometraggi di Petzold. Non solo Undine, ma anche il bellissimo Transit (2018), che in italiano è stato tradotto come La donna dello scrittore, creando così un ulteriore collegamento con Il cielo brucia, film sulla creazione artistica e su come l’arte migliore possa nascere dai traumi e dal dolore, più che sul viziato tentativo di farsi ispirare semplicemente dal silenzio e dalla natura. Girato con grande eleganza e rigore formale, Il cielo brucia è un film che procede lentamente, si prende i suoi tempi per arrivare a scuotere, come un incendio che si avvicina pian piano e che viene rivelato da una (bellissima) sequenza in cui piove della cenere. L’andamento è costante, ma mancano però grandi guizzi narrativi capaci di rivelare qualcosa di davvero sorprendente allo spettatore: alcune dinamiche risultano un po’ forzate (i costanti cambi di ruolo, sentimentali e professionali, dei personaggi in scena), seppur i vari caratteri messi in campo siano individualmente ben scritti e approfonditi. Dopo un inizio notevole, il film si adagia un po’ troppo, prima di crescere nell’ultima, ottima mezz’ora. Presentato in concorso al Festival di Berlino dove ha vinto il Gran Premio della Giuria.
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