Aiutato dalla spigliata collega Goodnight (Britt Ekland), James Bond (Roger Moore) deve fermare il killer Francisco Scaramanga (Christopher Lee), intenzionato a mettere all'asta tra i terroristi un potente dispositivo per immagazzinare energia.
A dieci anni esatti da quella che fu la stagione di maggior successo del “fenomeno Bond”, con L'uomo dalla pistola d'oro si è arrivati a toccare uno dei punti più bassi di tutta la serie. Incertezze nella produzione, evidenti carenze di idee e una sceneggiatura priva di appeal sono le cause di un insuccesso annunciato. Le location conservano un discreto fascino (Hong-Kong, Macao, la Thailandia) ma la storia si limita a seguire gli ormai usurati cliché della saga, senza il minimo guizzo narrativo. Poche novità, molte idee riciclate (il rifugio del cattivo, la Bond girl prigioniera in bikini, l'inseguimento con le barche). In un mare di noia, Roger Moore e Christopher Lee riescono a svegliare lo spettatore nel duello finale, sapientemente ambientato in un labirinto di specchi. Le parentesi ironiche (a tratti parodistiche, purtroppo) stridono con il piglio insolitamente cinico di Moore il quale avrà modo di riscattarsi ampiamente con le pellicole successive. Lo storico produttore Harry Saltzman dopo il flop di questo episodio abbandonò la saga, lasciando i fan con il fiato sospeso. Ma James Bond tornerà alla grande con Agente 007 – La spia che mi amava (1977) dopo tre, doverosi, anni di riposo.