Dublino, fine Ottocento. Albert Nobbs (Glenn Close), irreprensibile e metodico cameriere, nasconde sotto abiti maschili la sua reale identità di donna. La dedizione al lavoro sembra attenuarsi grazie alla giovane Helen (Mia Wasikowska), con la quale Nobbs vorrebbe rifarsi una vita, ma l'intervento dello spietato e opportunista Joe (Aaron Johnson) farà precipitare gli eventi.
Sorprendente dramma ispirato al racconto The Singular Life of Albert Nobbs di George Moore, già recitato dalla protagonista Glenn Close (anche produttrice e sceneggiatrice con Gabriella Prekop e John Banville) a teatro nel 1982. Il regista Rodrigo García (al quinto lungometraggio e alla terza collaborazione con l'attrice) si concentra sulla stasi emozionale del protagonista, incapace di un'evoluzione e obnubilato dal proprio desiderio di rivalsa nei confronti di una società opprimente e maschilista, in cui ogni speranza di cambiamento è frustrata e le debolezze (coincidenti, non a caso, con la passione amorosa) anticipano l'incombere della tragedia. Cupo, pessimista, a tratti straziante: un film disperato nel veicolare il radicale annientamento dell'essere umano. Peccato per alcuni elementi non troppo curati (il personaggio di Hubert Page, interpretato dalla pur bravissima Janet McTeer, candidata all'Oscar) e per un'eccessiva aura glaciale, che, a tratti, rasenta la maniera. Semplicemente straordinaria Glenn Close, battuta agli Academy Awards da Meryl Streep (The Iron Lady). Musiche di Brian Byrne, fotografia di Michael McDonough.