Sulla navicella spaziale Auriga, adibita a scopi militari, alcuni scienziati clonano l'ufficiale Ellen Ripley (Sigourney Weaver), morta duecento anni prima durante la lotta contro gli xenomorfi. La rinascita della donna coincide con quella dei mostruosi alieni, che iniziano a fare strage dell'equipaggio: Ripley, ormai irreversibilmente contaminata dal nemico di una vita, si alleerà con un gruppo di mercenari per riuscire a fuggire.

«La mia mamma diceva sempre che i mostri non esistono, non quelli veri. E invece esistono». A cinque anni dal terzo capitolo (Alien³ di David Fincher, 1992), Jean-Pierre Jeunet resuscita una delle saghe fantascientifiche più celebri di sempre, tentando un mix tra le atmosfere claustrofobiche del capostipite (Alien di Ridley Scott, 1979) e l'azione forsennata di Aliens – Scontro finale (1986) di James Cameron. Il risultato è altalenante: apprezzabile la riproposizione di simbologie presenti fin dalle origini (la maternità come incubo deformato e deformante) ed enfatizzate dalla trasformazione dell'eroina (genitrice inconsapevole, refrattaria e dilaniata), riflessioni esistenziali non troppo banali («Come puoi sopportare di essere quello che sei?»; «Non ho altra scelta»), buon ritmo e tecnica eccellente (da manuale la sequenza subacquea). Ma l'onnipresenza di Alien toglie il mistero connaturato alla sua ambiguità; e la critica agli abusi della scienza è piuttosto pretestuosa. Gli appassionati, comunque, gradiranno. Da incubo la visualizzazione degli ibridi alieni. Winona Ryder è Call, Ron Perlman è Johner, Brad Dourif è il dottor Gediman. Scritto da Joss Whedon.