Doppio amore
L'amant double
2017
Paese
Francia
Generi
Drammatico, Thriller
Durata
110 min.
Formato
Colore
Regista
François Ozon
Attori
Marine Vacth
Jérémie Renier
Jacqueline Bisset
Dominique Reymond
Myriam Boyer
Chloé (Marine Vacth), bellissima ragazza inibita dal punto di vista sessuale, si innamora del proprio psicanalista Paul (Jérémie Renier). Il loro rapporto sembra funzionare, nonostante la giovane sospetti che il proprio compagno le stia nascondendo qualcosa. La situazione, in seguito all'affioramento di inaspettati segreti, prende una direzione molto pericolosa per entrambi.
A un anno dal mélo Frantz (2016), François Ozon prosegue nel filone del racconto amoroso tutto giocato su false apparenze. L'approccio pudico del film precedente lascia qui spazio a una esplicita incursione all'interno del thriller erotico, incentrato su una donna che rinnega la propria abbagliante femminilità (il taglio dei capelli sui titoli di testa, le mise di taglio maschile) e manifesta una repressione sessuale pronta a sgretolarsi, segnata dalla paura nei confronti della maternità. Ozon, con la consueta eleganza formale, tradisce però le rigorose premesse confezionando un film che accatasta suggestioni oniriche e momenti di tensione muovendosi all'interno di banali sottotesti psicanalitici, tra inversioni di ruoli, sdoppiamenti e desideri sessuali inespressi. Un film che azzarda una direzione rischiosissima, finendo nel territorio del kitsch in più di una occasione (la visita ginecologica in apertura, gli amplessi frutto dell'immaginazione, i personaggi femminili di contorno) e, soprattutto, costruendo un racconto delegittimato da una risoluzione finale più simile a una presa in giro che a uno spiazzante twist. Efficace, quantomeno, il reparto tecnico (fotografia di Manuel Dacosse, musiche di Philippe Rombi), che contribuisce in maniera determinante a rendere l'atmosfera del film. Marine Vacth bella e brava, Renier, costretto agli straordinari, non sempre si dimostra all'altezza. Presentato generosamente in concorso al Festival di Cannes.
A un anno dal mélo Frantz (2016), François Ozon prosegue nel filone del racconto amoroso tutto giocato su false apparenze. L'approccio pudico del film precedente lascia qui spazio a una esplicita incursione all'interno del thriller erotico, incentrato su una donna che rinnega la propria abbagliante femminilità (il taglio dei capelli sui titoli di testa, le mise di taglio maschile) e manifesta una repressione sessuale pronta a sgretolarsi, segnata dalla paura nei confronti della maternità. Ozon, con la consueta eleganza formale, tradisce però le rigorose premesse confezionando un film che accatasta suggestioni oniriche e momenti di tensione muovendosi all'interno di banali sottotesti psicanalitici, tra inversioni di ruoli, sdoppiamenti e desideri sessuali inespressi. Un film che azzarda una direzione rischiosissima, finendo nel territorio del kitsch in più di una occasione (la visita ginecologica in apertura, gli amplessi frutto dell'immaginazione, i personaggi femminili di contorno) e, soprattutto, costruendo un racconto delegittimato da una risoluzione finale più simile a una presa in giro che a uno spiazzante twist. Efficace, quantomeno, il reparto tecnico (fotografia di Manuel Dacosse, musiche di Philippe Rombi), che contribuisce in maniera determinante a rendere l'atmosfera del film. Marine Vacth bella e brava, Renier, costretto agli straordinari, non sempre si dimostra all'altezza. Presentato generosamente in concorso al Festival di Cannes.
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