Amore tossico
1983
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
90 min.
Formato
Colore
Regista
Claudio Caligari
Attori
Cesare Ferretti
Michela Mioni
Enzo Di Benedetto
Roberto Stani
Loredana Ferrara
Fernando Arcangeli
Il vissuto travagliato e spesso disperato di un gruppo di tossicodipendenti romani, che sprecano la loro quotidianità alla ricerca di dosi, tra scene di ordinario degrado, disperazione dilagante e il tentativo solo accennato da parte di alcuni di smettere e di crearsi una nuova vita.
Film di culto di uno dei registi più sottostimati del cinema italiano degli ultimi trent'anni, Amore tossico vanta un inizio molto significativo: campi lunghi, alba, corpi che passeggiano e che sembrano, in quell'istante, sideralmente distanti dallo spettatore, come avvolti in una nebbia di inesprimibile dolore. Nel film di Claudio Caligari i nodi vengono però al pettine, e molto presto, dando ai personaggi una concretezza violentissima. Il dramma della dipendenza dall'eroina, un cancro che ebbe molti proseliti negli anni '80 e che costituì uno dei nuclei fondanti di un certo costume sociale del tempo, è infatti raccontato dal regista con crudissimo rigore e rara sensibilità espressiva, attraverso il ricorso a uno stile controverso e impudico che rese il film un oggetto simile a un ufo per il cinema italiano del tempo, tanto singolare e potente quanto rinnegato dal sistema produttivo ufficiale. Perché scomodo e impietoso nel non risparmiare i dettagli più vividi e verosimili. Sulle orme di Pasolini, quella di Caligari è una rappresentazione iperrealistica e verista ma anche spassionatamente sincera di ciò che voglia dire vivere come "ultimi", in tutti i sensi. Il film fu girato con persone realmente tossicodipendenti o che lo erano state nel corso della loro vita. Finale è a dir poco memorabile, nel suo coacervo di ineluttabilità ed echi cristologici, resi palesi dall'ultimissima inquadratura. Il film fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia dal regista Marco Ferreri.
Film di culto di uno dei registi più sottostimati del cinema italiano degli ultimi trent'anni, Amore tossico vanta un inizio molto significativo: campi lunghi, alba, corpi che passeggiano e che sembrano, in quell'istante, sideralmente distanti dallo spettatore, come avvolti in una nebbia di inesprimibile dolore. Nel film di Claudio Caligari i nodi vengono però al pettine, e molto presto, dando ai personaggi una concretezza violentissima. Il dramma della dipendenza dall'eroina, un cancro che ebbe molti proseliti negli anni '80 e che costituì uno dei nuclei fondanti di un certo costume sociale del tempo, è infatti raccontato dal regista con crudissimo rigore e rara sensibilità espressiva, attraverso il ricorso a uno stile controverso e impudico che rese il film un oggetto simile a un ufo per il cinema italiano del tempo, tanto singolare e potente quanto rinnegato dal sistema produttivo ufficiale. Perché scomodo e impietoso nel non risparmiare i dettagli più vividi e verosimili. Sulle orme di Pasolini, quella di Caligari è una rappresentazione iperrealistica e verista ma anche spassionatamente sincera di ciò che voglia dire vivere come "ultimi", in tutti i sensi. Il film fu girato con persone realmente tossicodipendenti o che lo erano state nel corso della loro vita. Finale è a dir poco memorabile, nel suo coacervo di ineluttabilità ed echi cristologici, resi palesi dall'ultimissima inquadratura. Il film fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia dal regista Marco Ferreri.
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