Asteroid City
Asteroid City
2023
Paese
Usa
Generi
Commedia, Sentimentale
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Wes Anderson
Attori
Jason Schwartzman
Scarlett Johansson
Tom Hanks
Jeffrey Wright
Tilda Swinton
Bryan Cranston
Edward Norton
Adrien Brody
Liev Schreiber
Hope Davis
Margot Robbie
Anni Cinquanta, nell’immaginaria e remota cittadina desertica di Asteroid City si svolge un convegno di astronomia, noto come Junior Stargazer. La convention attira diversi studenti con i rispettivi genitori, ma molto presto le storie di questi personaggi finiranno per sovrapporsi in modi del tutto inaspettati.
Sono passati due anni da The French Dispatch e Wes Anderson prosegue su una linea teorica sempre più distante dalle logiche commerciali, in cui – in maniera tanto coraggiosa quanto, forse, autolesionista – opta per fare il cinema che più gli interessa, senza più pensare troppo al suo (ex?) pubblico di riferimento. Dalla superficie, toccata volutamente e con grande forza, del suo film precedente, qui il regista americano ragiona sulla profondità (tanto nel taglio delle inquadrature, quanto nella scrittura di alcuni personaggi), andando a scardinare quei temi cardine che avevano reso importante il suo cinema (la famiglia, in primis). Lo stile, simmetrico e giocato continuamente su panoramiche e carrellate, è sempre lo stesso, ma in questa nuova fase della carriera Anderson crea anche continui giochi di scatole cinesi a livello drammaturgico, che rendono la sua narrazione più complessa da seguire e a tratti eccessivamente macchinosa. L’attenzione ai dettagli e la sua classica ironia rendono il prodotto godibile, ma l’operazione è meno feroce di quella precedente e alla lunga le riflessioni sul confine tra realtà e finzione rischiano un po’ di stancare. L’eleganza, come sempre, non manca e c’è tanto su cui pensare al termine della visione: non è un film vuoto, come può sembrare, ma un film sul vuoto, che funziona a metà ma che lascia ugualmente una serie di ragionamenti non banali da interpretare. Mescolando fantascienza e western, Anderson parla anche di una serie di paure umane, collettive (la bomba atomica) e individuali (la solitudine), dando vita a una pellicola intima e personale, a cui si sente che, nonostante tutto, tiene davvero molto. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Sono passati due anni da The French Dispatch e Wes Anderson prosegue su una linea teorica sempre più distante dalle logiche commerciali, in cui – in maniera tanto coraggiosa quanto, forse, autolesionista – opta per fare il cinema che più gli interessa, senza più pensare troppo al suo (ex?) pubblico di riferimento. Dalla superficie, toccata volutamente e con grande forza, del suo film precedente, qui il regista americano ragiona sulla profondità (tanto nel taglio delle inquadrature, quanto nella scrittura di alcuni personaggi), andando a scardinare quei temi cardine che avevano reso importante il suo cinema (la famiglia, in primis). Lo stile, simmetrico e giocato continuamente su panoramiche e carrellate, è sempre lo stesso, ma in questa nuova fase della carriera Anderson crea anche continui giochi di scatole cinesi a livello drammaturgico, che rendono la sua narrazione più complessa da seguire e a tratti eccessivamente macchinosa. L’attenzione ai dettagli e la sua classica ironia rendono il prodotto godibile, ma l’operazione è meno feroce di quella precedente e alla lunga le riflessioni sul confine tra realtà e finzione rischiano un po’ di stancare. L’eleganza, come sempre, non manca e c’è tanto su cui pensare al termine della visione: non è un film vuoto, come può sembrare, ma un film sul vuoto, che funziona a metà ma che lascia ugualmente una serie di ragionamenti non banali da interpretare. Mescolando fantascienza e western, Anderson parla anche di una serie di paure umane, collettive (la bomba atomica) e individuali (la solitudine), dando vita a una pellicola intima e personale, a cui si sente che, nonostante tutto, tiene davvero molto. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare