Allevato in uno cupo orfanotrofio, a nove anni Oliver Twist (John Howard Davies) fugge a Londra e si aggrega a una banda di ladruncoli istruiti dagli inquietanti criminali Fagin (Alec Guinness) e Sikes (Robert Newton). Oliver è arrestato e finisce sotto la protezione del gentiluomo Brownlow (Henry Stephenson), ma la banda è sulle sue tracce. Fino alla scoperta della vera identità del ragazzo. Dopo Grandi speranze (1946), è il secondo capitolo del dittico di David Lean tratto dalla produzione letteraria di Charles Dickens. Stavolta, il regista adatta il secondo romanzo dello scrittore vittoriano, forse il più celebre. Con uno straordinario scenario e una regia sensibilissima, ne riproduce fedelmente l'immaginario iconografico che unisce favola, racconto di formazione e realismo sociale, così come la suddivisione netta tra bene e male. La fotografia e le scenografie sono il fiore all'occhiello di un film vivace, grandioso, spesso visionario. Newton è bravissimo, ma nel bestiario dei bassifondi londinesi di Lean il più ripugnante è il Fagin di un irriconoscibile Alec Guinness: negli Stati Uniti fu accusato di essere una caricatura antisemita, tanto che il film fu distribuito solo nel 1951 con il taglio di diverse scene. Kay Walsh, la prostituta dal cuore d'oro Nancy, era moglie del regista. Le versioni cinematografiche del romanzo sono moltissime: insieme a questa, le più celebri restano il musical Oliver! (1968) di Carol Reed e Oliver Twist di Roman Polanski (2005). Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, dove vinse il premio per la migliore scenografia (John Bryan).