Milla Finlay (Eliza Scanlen), quindicenne gravemente malata, si innamora di un giovane spacciatore, scatenando la preoccupazione dei genitori. Tuttavia, quello che per la famiglia Finlay avrebbe potuto rappresentare un incubo terribile, si trasforma ben presto in un’insperata occasione per rimettere in discussione se stessi e le proprie relazioni: quando a un passo dalla morte ci si scopre nuovamente curiosi di vivere, a che cosa bisogna dare ascolto? Alla morale corrente o alle proprie emozioni istintive?
Trasposizione cinematografica dell'omonima pièce teatrale di Rita Kalnejais, Babyteeth è un brillante, piccolo esempio di come si possa realizzare un film sulla malattia – in questo caso terminale – senza scivolare nello stucchevole cinema del dolore. Mantenendosi quanto più fedele possibile al testo originale, la regista australiana Shannon Murphy (al suo esordio nel lungometraggio) ritrae con sguardo sempre carezzevole un mondo tanto inesauribile quanto tragicamente finito: quello di un' adolescente condannata, ma comunque determinata a esplorare le prime pulsioni amorose ed eversive. Forte di un impianto narrativo peculiare, capace di smorzare a più riprese la gravità della materia trattata, Babyteeth è un piccolo diamante grezzo al contempo delicato e irriverente, nel quale ogni sequenza viene incorniciata entro l'intelligente dosaggio di umorismo e sentimentalismo. Non mancano imperfezioni e ingenuità, così come alcuni passaggi sembrano costruiti più di altri per scatenare inevitabilmente la lacrima, ma diversi scambi di alto livello – l'omaggio (ricercato?) ad Amour di Michael Haneke – e le buone prove dei protagonisti (ottima la coppia di genitori interpretati da Ben Mendelsohn e Essie Davies) fanno di quest'opera prima un’interessante sorpresa.Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.