Phaim (Phaim Bhuiyan) è un giovane musulmano di origini bengalesi, vive con la sua famiglia a Torpignattara, quartiere multietnico di Roma, lavora come steward in un museo e suona in un gruppo. Un giorno incontra Asia (Carlotta Antonelli), suo esatto opposto: istinto puro, nessuna regola. Tra i due l’attrazione scatta immediata, ma Phaim dovrà capire come conciliare il suo amore per la ragazza con la più inviolabile delle regole dell’Islam: niente sesso prima del matrimonio.
Interessante opera prima dell’italiano di seconda generazione Phaim Bhuiyan, nato e cresciuto a “Torpigna”, Bangla è una sincera commedia che trova negli efficaci tempi comici dell’attore e regista uno slancio di vitalità non indifferente. La trama, di per sé molto esile, segue una relazione sentimentale tra due giovani legati a condizionamenti culturali molto diversi, ma la tratteggia con sufficiente brio e con un’ironia che investe tanto le differenze culturali e i rispettivi tic e idiosincrasie, quanto una notevole aderenza alla vita del protagonista, che Bhuiyan delinea ricorrendo a non pochi echi autobiografici. Ne viene fuori un affresco colorato e divertente, seppur sia evidente una certa leggerezza e superficialità in alcuni passaggi. Tutt’altro che trascurabile anche l’aderenza alla Roma più popolare: il quartiere di Phaim, una delle tante costole di una città multiforme e apparentemente ingestibile come Roma, diventa fin dalle prime battute un “microcosmo affettivo” da cogliere tanto sul piano delle coloriture antropologiche quanto su quello delle ricadute sociali, familiari ed etnico-religiose, tra moschee, negozietti sempre aperti (i cosiddetti “bangladini”) e tradizioni solo in apparenza opposte che si sovrappongono e si integrano, tra complementarità e malinconia. Le esilità e le fragilità narrative non mancano, ma si perdonano in virtù della gustosa sceneggiatura, firmata da Vanessa Picciarelli e dallo stesso Bhuiyan, che non risparmia stoccate più politiche («siamo in un paese in cui non si riesce a fare una legge per cui uno che è nato in Italia è italiano»), bilanciandole ai tanti momenti buffi e spassosi, amplificati dallo slang romanesco del protagonista. Piccole parti per Simone Liberati, nei panni di uno “spacciatore confessore”, e Pietro Sermonti, che interpreta in maniera auto-ironica e brillante il padre di Asia.