L'avvocato Andrew Morton (Humphrey Bogart) difende il giovane Nick Romano (John Derek), piccolo criminale accusato dell'omicidio di un poliziotto. Morton racconta alla giuria la storia di Nick, costretto a imboccare la strada della malavita a causa di una storia famigliare drammatica e di una società piena di pregiudizi. Al suo secondo film, Nicholas Ray regala un altro ritratto di “gioventù bruciata”, dopo quello della coppia protagonista in La donna del bandito (1948). Con un racconto di (mala)formazione che mixa gangster movie, legal thriller e melodramma, l'autore filma quello che è soprattutto un trattato sociologico sulle pecche del sistema giuridico e sul classismo di una società ingiusta. La messa in scena degli slums metropolitani (con uno sguardo alla comunità italoamericana) è notevole, ma dopo un incipit fulminante, il film si chiude in uno schematismo che oggi appare ingenuo, indulgendo anche in una certa dose di retorica e ridondanza. Resta comunque una riflessione interessante sulle implicazioni del contesto sociale e sulla crudeltà della pena di morte. Ne fu girato un remake da Philip Leacock nel 1960, Che nessuno scriva il mio epitaffio. John Derek, nonostante il livello di recitazione non eccelso, ha la faccia giusta per incarnare l'angelo dannato Nick Romano, che regala una battuta entrata nella Storia: «Vivi di corsa, muori giovane e lascia un bel cadavere».