I bassifondi
Donzoko
1957
Paese
Giappone
Genere
Drammatico
Durata
137 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Akira Kurosawa
Attori
Toshirō Mifune
Ganjirō Nakamura
Isuzu Yamada
Bokuzen Hidari
Kamatari Fujiwara
Kyōko Kagawa
Akemi Negishi
Minoru Chiacki
Eijirō Tōno
Eiko Miyoshi
Kōji Mitsui
Nel miserabile ostello gestito dall'usuraio Rokubei (Ganjirō Nakamura) e dalla moglie Osugi (Isuzu Yamada), una varia umanità trascina il proprio quotidiano tra drammi e disincanto. Un attore alcolizzato (Kamatari Fujiwara) progetta un utopico ritorno sulle scene; il ladro Sutekichi (Toshirō Mifune) cerca di conquistare Okayo (Kyōko Kagawa), sorella di Osugi; la prostituta Osen (Akemi Negishi) sogna l'amore; il samurai Tonosama (Minoru Chiacki) ironizza sulla vita per esorcizzare la propria inettitudine; il compulsivo fabbro Tomekichi (Eijirō Tōno) non si accorge che la consorte Asa (Eiko Miyoshi) sta morendo; il giocatore Yoshisaburo (Kōji Mitsui) vive scetticamente giorno per giorno. L'arrivo del pellegrino Kahei (Bokuzen Hidari) porterà l'illusione del cambiamento.

«C'è la gente, e ci sono gli uomini». Akira Kurosawa adatta (con la collaborazione di Hideo Oguni) la pièce di Maksim Gor'kij L'albergo dei poveri, già trasposta nel 1936 da Jean Renoir (Verso la vita). L'impianto sociologico della materia di base viene riletto e trasformato dal regista giapponese, che enfatizza la componente esistenziale (centro assoluto della sua visione autoriale) ed esalta le psicologie dei singoli personaggi, empatizzando con le desolazioni connaturate alla stessa umanità. Stilisticamente asciutto e rigoroso, strutturato in chiave realista (la macchina da presa registra senza sbavature le azioni di coloro che popolano il dormitorio), il film testimonia la predilezione di Kurosawa per i derelitti (basti pensare allo splendido Dodes'ka-den, girato nel 1970) e la profonda solidarietà che contraddistingue il suo cinema («Consolare la gente non fa mai male»): non a caso, a emergere prepotente è il personaggio del filosofo Kahei, che tenta di donare conforto a chiunque ne abbia bisogno. Coerente, partecipe, a tratti straziante, in perfetto equilibrio tra farsa e tragedia: un'opera sentita e formalmente ineccepibile (straordinaria la fotografia di Kazuo Yamasaki), appena un po' appannata da un certo immobilismo dovuto alla natura teatrale del soggetto. Cast semplicemente superbo. Musiche di Masaru Satō.
Maximal Interjector
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