1945, Leningrado: due donne,  Iya (Viktoria Miroshnichenko) e Masha (Vasilisa Perelygina), provano a dare un senso le loro esistenze, confidando nella speranza di superare l'accaduto e di riuscire ad andare avanti, cercando di ricostruire la propria vita dalle macerie della guerra.

Dopo il sorprendente Tesnota, arrivato al Festival di Cannes quando il regista aveva solo 26 anni, il russo Kantemir Balagov conferma il suo talento cristallino, con un’opera ancor più complessa e delicata rispetto alla sua opera prima. Se Tesnota era ambientato nel Caucaso di fine anni Novanta, La ragazza d’autunno torna ancor più indietro nel tempo, descrivendo il tramonto della Seconda guerra mondiale. Il primo elemento che colpisce è proprio questo: nonostante sia ambientato a metà anni Quaranta, è un’opera che parla (anche) del presente, attraverso dinamiche di stretta attualità. Dall’aborto all’eutanasia, passando per una sorta di pionieristico “utero in affitto”, La ragazza d’autunno è un film che ragiona con forza sul corpo femminile, mettendo in scena due personaggi scritti con cura e ben interpretati dalle due attrici principali. Se il film ha una buona tenuta per l’intera durata, ci sono però alcune sequenze difficili da dimenticare, che mostrano tragicamente le azioni più dolorose che si possono attuare durante la guerra: si veda in questo senso il brutale rapporto sessuale, in cui nel letto, oltre alla coppia di amanti, c’è accanto l’amica che spera di tornare a diventare “madre”. Notevolissima è poi anche la messinscena, valorizzata da una fotografia che gioca efficacemente coi torni del verde e del rosso, rischiando solo in alcuni piccoli passaggi la maniera. Non a caso e meritatamente, il film è stato premiato per la miglior regia a Cannes nella sezione Un Certain Regard.