Masaki (Yūrei Yanagi) lavora presso una stazione di servizio e porta avanti con scarsi risultati la propria passione per il baseball giocando per una squadra di periferia. Dopo un diverbio con un membro della Yakuza finirà ad Okinawa alla ricerca di armi, con lo scopo di attuare un piano di vendetta: verrà in contatto con un boss locale (Takeshi Kitano) al quale si legherà indissolubilmente. Il primo film sulla Yakuza del nipponico Kitano, qui alla sua seconda prova dietro la macchina da presa dopo Violent Cop (1989), è un cantiere aperto di idee e di soluzioni ancora non perfettamente amalgamate, in cui humour, esplosioni di violenza e slanci visivi vengono racchiusi in una confezione algida e che rifugge qualsiasi orpello estetizzante. Un'opera quasi completamente prosciugata, priva di accompagnamento musicale e caratterizzata da una costante ricerca della sottrazione, che introduce alcuni dei temi ricorrenti del cinema di Takeshi Kitano: Boiling Point, più che un film irrisolto, risulta una trasposizione su celluloide di un manifesto teorico potentissimo, seppur ancora in stato embrionale.