Breakfast Club
The Breakfast Club
1985
Paese
Usa
Generi
Commedia, Drammatico
Durata
97 min.
Formato
Colore
Regista
John Hughes
Attori
Molly Ringwald
Anthony Michael Hall
Ally Sheedy
Judd Nelson
Emilio Estevez
Paul Gleason
John Kapelos
John Hughes
1984. Cinque liceali (Molly Ringwald, Ally Sheedy, Judd Nelson, Emilio Estevez, Anthony Michael Hall), eterogenei tra loro per indole e abitudini, vengono costretti dal preside Vernon (Paul Gleason) a restare chiusi in biblioteca un intero sabato pomeriggio, per “formulare” un tema sulle loro personalità e le loro aspettative. Ne usciranno cambiati.
Al di là dei difetti – un semplicismo forse eccessivo – non è difficile immaginare le ragioni per cui Breakfast Club sia diventato il simbolo del brat pack (sottogenere popolare negli anni '80 sul mondo adolescenziale dell'epoca), e uno dei film di maggiore culto per una generazione. Oltre alla bellissima Don't You (Forget About Me) di Keith Forsey e Steve Chiffs cantata dai Simple Minds, oltre al talento dell'intero cast, oltre alle ambientazioni malinconiche e nostalgiche, c'è la precisa volontà di John Hughes (anche sceneggiatore) di rappresentare, in maniera lieve e quasi indolente, i dolori di un gruppo di ragazzini malandati e costretti a una prigionia inattesa. Su tutto, i sentimenti: la voglia di riscatto, la fuga dalle convenzioni, il silenzio dei patimenti. Molto bella la sequenza della fuga tra i corridoi nel liceo, in cui la macchina da presa asseconda i personaggi e li insegue, visibilmente divertita. Una rabbia giovanile diluita e decisamente estetizzante, portata sullo schermo attraverso uno schema che ha generato numerosi epigoni. Il finale crea un senso di tristezza che non abbandona più.
Al di là dei difetti – un semplicismo forse eccessivo – non è difficile immaginare le ragioni per cui Breakfast Club sia diventato il simbolo del brat pack (sottogenere popolare negli anni '80 sul mondo adolescenziale dell'epoca), e uno dei film di maggiore culto per una generazione. Oltre alla bellissima Don't You (Forget About Me) di Keith Forsey e Steve Chiffs cantata dai Simple Minds, oltre al talento dell'intero cast, oltre alle ambientazioni malinconiche e nostalgiche, c'è la precisa volontà di John Hughes (anche sceneggiatore) di rappresentare, in maniera lieve e quasi indolente, i dolori di un gruppo di ragazzini malandati e costretti a una prigionia inattesa. Su tutto, i sentimenti: la voglia di riscatto, la fuga dalle convenzioni, il silenzio dei patimenti. Molto bella la sequenza della fuga tra i corridoi nel liceo, in cui la macchina da presa asseconda i personaggi e li insegue, visibilmente divertita. Una rabbia giovanile diluita e decisamente estetizzante, portata sullo schermo attraverso uno schema che ha generato numerosi epigoni. Il finale crea un senso di tristezza che non abbandona più.
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