Ben (Viggo Mortensen) è un padre che cresce i propri sei figli in una foresta, lontano dal resto del mondo. L’uomo cerca di indurre la propria prole a stabilire un contatto con la natura viscerale e selvaggio che sia però guidato dai lumi di una cultura alta, ma presto dinamiche sorprendenti sovvertiranno gli equilibri prestabiliti, aprendo la strada a problematiche e nuove consapevolezze.
Provando a indagare con occhio critico il conflitto tra natura e cultura, tra conformismo e autenticità, tra modelli di vita possibili e obblighi sociali ai quali è impossibile sottrarsi, Captain Fantastic è un film dal ricco potenziale che tuttavia non riesce a sfruttare del tutto. L’attore Matt Ross guarda addirittura, idealmente, a Jean-Jacques Rousseau e torna dietro la macchina da presa per il suo secondo film da regista dopo 28 Hotel Rooms (2012) con un’opera interessante dal punto di vista estetico, nella quale il gusto per il dettaglio raffinato e coltissimo (i festeggiamenti per il compleanno di Noam Chomsky, ad esempio) e per la componente spiazzante delle situazioni coesistono con ironia. Peccato però che lo sguardo registico di Ross non sia esente da derive ruffiane o tremendamente studiate a tavolino. La tenuta narrativa è di per sé buona, ma le concessioni al classico modello del film da Sundance, con tanto di stramberie ed eccentricità piuttosto meccaniche, non sono comunque poche e alla lunga rischiano di stufare o irritare lo spettatore più attento. Presentato in concorso nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2016, dove Ross ha trionfato come miglior regista.