Leonora (Elizabeth Taylor), prostituta squattrinata in là con gli anni, si reca al cimitero per piangere la figlia annegata anni prima. Nel tragitto incontra Cenci (Mia Farrow), ragazza problematica che ha perso la madre e vive in solitudine. La somiglianza di ciascuna con l'affetto perduto dell'altra e l'instabilità mentale della giovane le porteranno a un'improbabile convivenza a metà tra la famiglia e l'amore omosessuale. Ogni parvenza di equilibrio è però destinata a scomparire con l'entrata in scena di Albert (Robert Mitchum), patrigno di Cenci a cui riserva morbose attenzioni. Nello stesso anno di La scogliera dei desideri (1968), Losey torna a lavorare con Liz Taylor in un altro dramma psicologico contrastato e non del tutto risolto. Però, per una strana alchimia, dovuta forse anche all'architettura della casa che ben si sposa con il barocchismo del regista, i limiti della pellicola possono essere anche considerati pregi. Così, le interpretazioni manierate (quella della Farrow in testa) e l'insistenza su inquadrature e raccordi “innaturali” contribuiscono a creare un fascino indefinibile oscuro e onirico, che esalta l'artificiosità della messinscena. Una visione ostica ma, a suo modo, appagante, soprattutto quando la staticità della vicenda è scossa dalla perversione del triangolo sentimentale. Tratto dall'omonimo racconto breve dell'argentino Marco Denevi.