C'est pas moi
C'est pas moi
2024
Paese
Francia
Genere
Biografico
Durata
41 min.
Formato
Colore
Regista
Leos Carax
Attori
Leos Carax
Denis Lavant
Leos Carax racconta Leos Carax… o forse non è lui?
Tre anni dopo un importante lungometraggio già profondamente legato alla sua vita come Annette (2021), Leos Carax firma la propria (anti)autobiografia per immagini, giocando col formato, col sonoro in senso distorcente e con un vero e proprio bombardamento audiovisivo di suggestioni e concetti. In soli 41 minuti c’è tantissimo in questo esplosivo mediometraggio che unisce riflessioni storiche e politiche ragionando sulla filosofia delle immagini e sulla perdita del significato di queste ultime. Carax sogna e omaggia Jean-Luc Godard in questo film, non (sol)tanto perché è uno dei cineasti citati esplicitamente, ma per come C’est pas moi è messo in scena, richiamando lo stile di uno dei papà della Nouvelle Vague e di uno dei padri putativi dello stesso autore di Holy Motors (2012). Era proprio in quest’ultimo lungometraggio che compariva quel Monsieur Merde interpretato da Denis Lavant, nato per un suo corto (inserito nel film collettivo Tokyo!) e tra i “protagonisti” anche di questo mediometraggio in cui Carax racconta la sua storia anche attraverso i suoi film. L’aspetto però più significativo di questo prodotto – ancora più del suo taglio sperimentale – è la riflessione sull’identità che si va a sviluppare, con un momento semplicemente da brividi in particolare, quando la voce del regista cerca di ritrovarsi tra le immagini, provando a capire dove si celi il suo vero volto tra le tante fotografie che richiamano direttamente la storia del cinema. Noi siamo i film che vediamo, sembra dirci con uno slancio cinefilo commovente e romantico questo regista che riesce sempre a sorprendere, a essere unico e stimolante. Grande, anche con una durata così piccola. Presentato al Festival di Cannes 2024 nella sezione Cannes Première.
Tre anni dopo un importante lungometraggio già profondamente legato alla sua vita come Annette (2021), Leos Carax firma la propria (anti)autobiografia per immagini, giocando col formato, col sonoro in senso distorcente e con un vero e proprio bombardamento audiovisivo di suggestioni e concetti. In soli 41 minuti c’è tantissimo in questo esplosivo mediometraggio che unisce riflessioni storiche e politiche ragionando sulla filosofia delle immagini e sulla perdita del significato di queste ultime. Carax sogna e omaggia Jean-Luc Godard in questo film, non (sol)tanto perché è uno dei cineasti citati esplicitamente, ma per come C’est pas moi è messo in scena, richiamando lo stile di uno dei papà della Nouvelle Vague e di uno dei padri putativi dello stesso autore di Holy Motors (2012). Era proprio in quest’ultimo lungometraggio che compariva quel Monsieur Merde interpretato da Denis Lavant, nato per un suo corto (inserito nel film collettivo Tokyo!) e tra i “protagonisti” anche di questo mediometraggio in cui Carax racconta la sua storia anche attraverso i suoi film. L’aspetto però più significativo di questo prodotto – ancora più del suo taglio sperimentale – è la riflessione sull’identità che si va a sviluppare, con un momento semplicemente da brividi in particolare, quando la voce del regista cerca di ritrovarsi tra le immagini, provando a capire dove si celi il suo vero volto tra le tante fotografie che richiamano direttamente la storia del cinema. Noi siamo i film che vediamo, sembra dirci con uno slancio cinefilo commovente e romantico questo regista che riesce sempre a sorprendere, a essere unico e stimolante. Grande, anche con una durata così piccola. Presentato al Festival di Cannes 2024 nella sezione Cannes Première.
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