Il cielo sopra Berlino
Der Himmel über Berlin
1987
Paesi
Rft, Francia
Genere
Drammatico
Durata
128 min.
Formati
Colore, Bianco e Nero
Regista
Wim Wenders
Attori
Bruno Ganz
Peter Falk
Solveig Dommartin
Otto Sander
Didier Flamand
Curt Bois
Nella Berlino ancora divisa dal muro, due angeli vigilano, invisibili, sul corso delle esistenze umane. Uno dei due, Damiel (Bruno Ganz), per amore sceglierà di rinunciare alla sua immortalità e farsi uomo.
È il film-simbolo, cruciale in tutto il decennio, che ha consacrato Wenders, reduce da una lunga parentesi americana, come uno dei più importanti cineasti europei. Prima di ogni altra cosa, è un inno d'amore a una città ancora segnata da una profonda anomalia, in cui il Muro costituisce un limite terrestre invalicabile, ma lo spazio aperto del cielo sopra quel Muro rimanda a un ideale assoluto di libertà. In questo spazio fluttuano gli angeli di Wenders, fuori dal tempo ma dentro la Storia. Due i protagonisti, come due le città separate dal muro, divisi da destini contrapposti. Damiel, un grande Bruno Ganz, dopo aver visto in un circo la bella e sola trapezista Marion (Solveig Dommartin) ed essersene innamorato, accetta di perdere la sua corazza di immortalità pur di vivere l'amore, le sensazioni e le esperienze di un uomo comune. Cassiel (Otto Sander) resta fedele alla sua natura e al suo compito, custode delle coscienze della città sulla Colonna della Vittoria. È anche un'opera dove la poesia è ovunque, nei movimenti di macchina come nelle interpretazioni, nelle scelte cromatiche come in quelle musicali. Ma è un film di poesia soprattutto per merito (o a causa) dell'imponente substrato letterario nella sceneggiatura di Peter Handke, estremamente densa e suggestiva, sebbene in qualche momento troppo verbosa e oscura. Eccellente ogni contributo tecnico, con una doverosa menzione per la splendida fotografia curata dal veterano Henry Alekan. Indimenticabile Peter Falk, nei panni di un angelo caduto di consumata esperienza.
È il film-simbolo, cruciale in tutto il decennio, che ha consacrato Wenders, reduce da una lunga parentesi americana, come uno dei più importanti cineasti europei. Prima di ogni altra cosa, è un inno d'amore a una città ancora segnata da una profonda anomalia, in cui il Muro costituisce un limite terrestre invalicabile, ma lo spazio aperto del cielo sopra quel Muro rimanda a un ideale assoluto di libertà. In questo spazio fluttuano gli angeli di Wenders, fuori dal tempo ma dentro la Storia. Due i protagonisti, come due le città separate dal muro, divisi da destini contrapposti. Damiel, un grande Bruno Ganz, dopo aver visto in un circo la bella e sola trapezista Marion (Solveig Dommartin) ed essersene innamorato, accetta di perdere la sua corazza di immortalità pur di vivere l'amore, le sensazioni e le esperienze di un uomo comune. Cassiel (Otto Sander) resta fedele alla sua natura e al suo compito, custode delle coscienze della città sulla Colonna della Vittoria. È anche un'opera dove la poesia è ovunque, nei movimenti di macchina come nelle interpretazioni, nelle scelte cromatiche come in quelle musicali. Ma è un film di poesia soprattutto per merito (o a causa) dell'imponente substrato letterario nella sceneggiatura di Peter Handke, estremamente densa e suggestiva, sebbene in qualche momento troppo verbosa e oscura. Eccellente ogni contributo tecnico, con una doverosa menzione per la splendida fotografia curata dal veterano Henry Alekan. Indimenticabile Peter Falk, nei panni di un angelo caduto di consumata esperienza.
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