Civil War
Civil War
2024
Paesi
Usa, Gran Bretagna
Genere
Azione
Durata
109 min.
Formato
Colore
Regista
Alex Garland
Attori
Kirsten Dunst
Wagner Moura
Cailee Spaeny
Stephen McKinley Henderson
Sonoya Mizuno
Stati Uniti, futuro prossimo. Due fazioni avverse stanno combattendo una logorante guerra civile che ha fatto nascere un vero e proprio conflitto armato. Mentre la carica presidenziale è sempre più a rischio, le forze armate attaccano i civili e i giornalisti vengono fucilati a Capitol Hill. In questo clima bellico, un gruppo di fotoreporter attraversa le zone di guerra e prova a catturare testimonianze di quanto sta avvenendo.
È un film paradossale Civil War, quarto lungometraggio di Alex Garland, dopo Ex Machina, Annientamento e Men. Un paradosso perché questo lungometraggio è allo stesso tempo un prodotto estremamente urgente e attuale, ma anche una pellicola che sa troppo di già visto, con una serie di spunti di riflessione che hanno fatto ormai il loro tempo. È una distanza concettuale insita in un’operazione che funziona esattamente a metà, divisa tra grandi pregi ed evidenti difetti che smorzano l’entusiasmo per un lavoro che ha una base di partenza potentissima. Nonostante sia un prodotto da vedere e profondo per tante ragioni, questo film, pensato per uscire nell’anno delle elezioni americane, è almeno in parte un’occasione sprecata, perché le fondamenta per fare qualcosa di memorabile c’erano davvero tutte. Girato con notevole maturità, Civil War ha dalla sua una confezione molto incisiva, così come colpisce a fondo la rappresentazione psicologica dei vari personaggi in scena: non è soltanto nei protagonisti che la scrittura di Garland è degna di una menzione molto positiva, ma anche nella reazione a questa nuova “guerra civile” delle figure di contorno, tra chi sfrutta ferocemente la situazione per far emergere il suo lato animalesco e chi invece nega che qualcosa di significativo stia effettivamente avvenendo. Da questa panoramica umana del tutto credibile, si sviluppa una pellicola inquietantemente realistica, che sembra più un film di cronaca che una narrazione distopica quale è. I limiti stanno invece in un passaggio di testimone da allieva a maestra piuttosto prevedibile, non supportato inoltre da una serie di spunti sulla fotografia come atto testimoniale e relativo all’ossessione di archiviare ciò che ci troviamo davanti che nel 2024 appaiono ormai un po’ fuori tempo massimo. Molti passaggi, inoltre, rimandano a tante, troppe cose che abbiamo letto (dalla letteratura post-apocalittica più classica a un romanzo contemporaneo come Sottomissione di Michel Houellebecq) e visto, tanto nel cinema quanto nelle serie televisive. A Garland manca spesso un soldo per arrivare a una lira, come si diceva una volta, nonostante il suo talento sia evidente e le sue narrazioni quasi sempre senza dubbio affascinanti.
È un film paradossale Civil War, quarto lungometraggio di Alex Garland, dopo Ex Machina, Annientamento e Men. Un paradosso perché questo lungometraggio è allo stesso tempo un prodotto estremamente urgente e attuale, ma anche una pellicola che sa troppo di già visto, con una serie di spunti di riflessione che hanno fatto ormai il loro tempo. È una distanza concettuale insita in un’operazione che funziona esattamente a metà, divisa tra grandi pregi ed evidenti difetti che smorzano l’entusiasmo per un lavoro che ha una base di partenza potentissima. Nonostante sia un prodotto da vedere e profondo per tante ragioni, questo film, pensato per uscire nell’anno delle elezioni americane, è almeno in parte un’occasione sprecata, perché le fondamenta per fare qualcosa di memorabile c’erano davvero tutte. Girato con notevole maturità, Civil War ha dalla sua una confezione molto incisiva, così come colpisce a fondo la rappresentazione psicologica dei vari personaggi in scena: non è soltanto nei protagonisti che la scrittura di Garland è degna di una menzione molto positiva, ma anche nella reazione a questa nuova “guerra civile” delle figure di contorno, tra chi sfrutta ferocemente la situazione per far emergere il suo lato animalesco e chi invece nega che qualcosa di significativo stia effettivamente avvenendo. Da questa panoramica umana del tutto credibile, si sviluppa una pellicola inquietantemente realistica, che sembra più un film di cronaca che una narrazione distopica quale è. I limiti stanno invece in un passaggio di testimone da allieva a maestra piuttosto prevedibile, non supportato inoltre da una serie di spunti sulla fotografia come atto testimoniale e relativo all’ossessione di archiviare ciò che ci troviamo davanti che nel 2024 appaiono ormai un po’ fuori tempo massimo. Molti passaggi, inoltre, rimandano a tante, troppe cose che abbiamo letto (dalla letteratura post-apocalittica più classica a un romanzo contemporaneo come Sottomissione di Michel Houellebecq) e visto, tanto nel cinema quanto nelle serie televisive. A Garland manca spesso un soldo per arrivare a una lira, come si diceva una volta, nonostante il suo talento sia evidente e le sue narrazioni quasi sempre senza dubbio affascinanti.
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