Texas, 1989. Dopo aver ucciso accidentalmente un giovane ladro insinuatosi di notte in casa sua, Richard Dane (Michael C. Hall) vede in pericolo la vita della propria famiglia a causa delle minacce di morte di Ben Russel (Sam Shepard), ex detenuto ormai in là con gli anni convinto che la vittima fosse suo figlio. Il vero figlio, Freddy (Wyatt Russell), in realtà, è invischiato in un torbido giro di snuff movies pedo-pornografici. Ben, coalizzato con Richard e aiutato dal burbero investigatore privato Jim Bob (Don Johnson), parte alla ricerca del ragazzo sulla base di un sanguinoso quanto sofferto ideale di giustizia. Basato sull'omonima crime novel di Joe R. Lansdale pubblicata nel 1989, Cold in July è il quarto lungometraggio del regista statunitense Jim Mickle, classe 1979. Mix di poliziesco, thriller, action e commedia grottesca, dopo una premessa da sporco noir ambientato nel sottobosco della più oscura provincia americana che sembra guardare alle cupe pagine del romanziere Dennis Lehane (da cui Clint Eastwood e Ben Affleck hanno attinto rispettivamente per Mystic River del 2003 e Gone Baby Gone del 2007), il film cambia faccia e vira verso un apologo pulp e fracassone che richiama i regolamenti di conti di un vecchio west aggiornato però all'estetica pop anni '80. L'ingresso in scena di Don Johnson (attore simbolo dei rampanti eighties) con cappellaccio da cowboy, stivali, giacca alla Elvis e decapottabile rossa esplicita senza mezzi termini la volontà di costruire la pellicola come un B-movie dalla doppia anima. L'operazione, accattivante e nostalgica al punto giusto, seppur non possa definirsi del tutto riuscita (lo scarto di tono non è perfettamente armonizzato allo svolgersi della narrazione), ha il pregio di non arrovellarsi in superflui moralismi rimanendo un puro e semplice entertainment. Fucili in spalla e via, come una volta.