La corte
L'hermine
2015
Paese
Francia
Generi
Drammatico, Commedia
Durata
98 min.
Formato
Colore
Regista
Christian Vincent
Attori
Fabrice Luchini
Sidse Babett Knudsen
Eva Lallier
Corinne Masiero
Sophie-Marie Larrouy
Fouzia Guezoum
Presidente della Corte d'assise severo e intransigente, il magistrato Racine (Fabrice Luchini) è famoso per riuscire a infliggere pene severissime ai suoi imputati. Durante un caso di omicidio, si trova di fronte come giurato popolare Ditte Lorensen-Coteret (Sidse Babett Knudsen), sua ex fiamma di un tempo. La sua compassata quotidianità subisce così un brusco cambiamento.
Scritto e diretto dal parigino Christian Vincent, un film tipicamente francese nel rifiuto di ogni forma di spettacolarizzazione dei sentimenti che compone un ritratto umano tutto giocato sul potere espressivo della parola. L'ambientazione grigia, sottolineata alla perfezione dagli "anonimi" scorci del dipartimento transalpino del Passo di Calais e dai freddi interni in cui si muovono i personaggi, rende bene l'idea di un’esistenza, quella di Racine, consumata dalla routine e da una ostinata aridità emotiva. La puntigliosa scrittura, premiata alla Mostra del Cinema di Venezia, serve su un piatto a Luchini, vincitore di una meritata Coppa Volpi, la chance per una prova di alto livello: idiosincrasie e battute taglienti si fondono in un percorso di crescita interiore, che però non riserva alcuna trovata davvero significativa. Un cinema fin troppo disadorno, privo di magia, scosso qua e là da efficaci inserti ironici che dalla notevole naturalezza del racconto. Ma Vincent non riesce a rendere straordinario l'ordinario che viene filmato, si affida ai dialoghi incalzanti con l'ambizione di giocare su più livelli metanarrativi e finisce per realizzare un'opera verbosa che dissimula malamente la sua matrice snob. Intellettualistico con garbo, di studiata spontaneità.
Scritto e diretto dal parigino Christian Vincent, un film tipicamente francese nel rifiuto di ogni forma di spettacolarizzazione dei sentimenti che compone un ritratto umano tutto giocato sul potere espressivo della parola. L'ambientazione grigia, sottolineata alla perfezione dagli "anonimi" scorci del dipartimento transalpino del Passo di Calais e dai freddi interni in cui si muovono i personaggi, rende bene l'idea di un’esistenza, quella di Racine, consumata dalla routine e da una ostinata aridità emotiva. La puntigliosa scrittura, premiata alla Mostra del Cinema di Venezia, serve su un piatto a Luchini, vincitore di una meritata Coppa Volpi, la chance per una prova di alto livello: idiosincrasie e battute taglienti si fondono in un percorso di crescita interiore, che però non riserva alcuna trovata davvero significativa. Un cinema fin troppo disadorno, privo di magia, scosso qua e là da efficaci inserti ironici che dalla notevole naturalezza del racconto. Ma Vincent non riesce a rendere straordinario l'ordinario che viene filmato, si affida ai dialoghi incalzanti con l'ambizione di giocare su più livelli metanarrativi e finisce per realizzare un'opera verbosa che dissimula malamente la sua matrice snob. Intellettualistico con garbo, di studiata spontaneità.
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