Tom Reagan (Gabriel Byrne), tirapiedi “anomalo” del boss d'origine irlandese Leo (Albert Finney), si trova invischiato in un gioco criminale e sanguinoso che coinvolge, tra gli altri, Verna (Marcia Gay Harden), la compagna del capo, e il suo petulante fratello Bernie (John Turturro).

Noir solido e rigoroso ispirato ai romanzi di Dashiell Hammett e partorito faticosamente dai talentuosi fratelli del Minnesota (vittime di una crisi d'ispirazione durante la stesura dello script, tanto da approfittarne per scrivere di getto il successivo Barton Fink – È successo a Hollywood del 1991), Crocevia della morte trae linfa vitale dalla puntigliosa descrizione dell'ambiente malavitoso della fine degli anni ‘20 e dalle sfaccettate psicologie di personaggi squallidi e feroci che rifiutano di scendere a compromessi pur di portare a casa la pelle. Accompagnato da un cappello che è oggetto d'ossessione da parte della macchina da presa, impegnata a farne vessillo significativo dell'opera (oggetto di eleganza apparente che cela una grossolana meschinità e un inconfessato bisogno d'affetto), il film contiene due o tre momenti di grande cinema: su tutti, la sequenza dell'attacco al boss irlandese Leo e lo splendido finale, con l'ultima inquadratura che è dichiarato omaggio alla sequenza conclusiva de Il padrino – Parte II (1974) di Francis Ford Coppola. Notevole prova di Gabriel Byrne in uno dei ruoli più significativi della sua intera carriera. Splendide musiche di Carter Burwell, fotografia di Barry Sonnenfeld e scenografie di Dennis Gassner. Prima collaborazione tra i registi e John Turturro e Steve Buscemi, destinati a diventare due maschere ricorrenti del cinema coeniano.