Cure
Cure
1997
Paese
Giappone
Generi
Thriller, Drammatico
Durata
111 min.
Formato
Colore
Regista
Kiyoshi Kurosawa
Attori
Kōji Yakusho
Masato Hagiwara
Tsuyoshi Ujiki
Anna Nakagawa
Tokyo. Il detective Takabe (Kōji Yakusho) indaga su una serie di inspiegabili omicidi accomunati dal ritrovamento di una misteriosa X sul corpo delle vittime e commessi da persone di volta in volta diverse. All'origine del mistero sembra esserci Mamiya (Masato Hagiwara), potente ipnotista e ora vagabondo in stato di amnesia.
Fondamentale punto di svolta nella carriera di Kiyoshi Kurosawa, già professore alla prestigiosa Rikkyo University di Tokyo, assistente di nomi importanti (Kazuhiko Hasegawa, Shinji Sōmai) e prolifico regista di pinku, horror e V-Cinema (sua la serie Suit Yourself or Shoot Yourself con Shō Aikawa). Cure è la pellicola che lo ha consacrato autore di risonanza internazionale registrando il clamoroso incontro fra il film di serial killer occidentale (sottogenere rilanciato nel corso del decennio da Il silenzio degli innocenti, 1991, di Jonathan Demme e Seven, 1995, di David Fincher) e le nuove inquietudini giapponesi domestico-urbane che sarebbero esplose un anno più tardi, con decise virate verso il sovrannaturale, con The Ring (1998) di Hideo Nakata e l'inizio della new wave horror (ma tracce di questa combinazione si possono riscontrare già nel poco conosciuto Angel Dust, 1994, di Sogo Ishii con cui il film di Kurosawa condivide più di un aspetto in comune, a partire dal tema portante dell'ipnosi). A metà strada fra il thriller psicologico e il poliziesco a tinte noir, Kurosawa tenta un nuovo approccio al genere e opera su due piani contrapposti, da un lato rispettandone i topoi più esteriori (presenza di un protagonista detective, indagini e caccia all'uomo, componente rituale degli omicidi, paesaggi urbani decadenti) e dall'altro scardinandone dall'interno struttura e stilemi (la cattura dell'antagonista avviene a metà film, non c'è ristabilimento dell'ordine né la scoperta di un movente razionale, climax della tensione assente e tempi dilatati). Toni metafisici e messa in scena realistica (campi lunghi, piani-sequenza, profondità di campo, nessuna aggiunta di musiche) per una discesa fra le pieghe più oscure della natura umana, condotta da Kurosawa in un contesto di apparente normalità in cui la violenza irrompe improvvisa e destabilizzante. Notevolissimo.
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