Dopo lo sbarco in Normandia, gli Alleati cercano di reclutare qualche militare tedesco pronto a tradire la patria per servire l'esercito anglofono come spia. Un uomo di nome Karl Maurer (Oskar Werner) accetta l'incarico e viene paracadutato oltre le linee nemiche alla ricerca di informazioni utili. Amalgamando in maniera decisamente efficace e coerente il genere bellico con il cinema di spionaggio, Anatole Litvak firma una pellicola solida e disturbante, che si avvale di una buona dose di coraggio affrontando il tema della guerra da un punto di vista insolito per l'epoca: si racconta infatti la parabola di un militare pentito che sceglie di tradire la sua nazione in nome di un cambio di rotta necessario per il bene comune. In un periodo storico in cui i disertori e i nemici da vincere venivano condannati e puniti in maniera esemplare (siamo nel mezzo della Guerra fredda e il drappo rosso sovietico era sinonimo di becero comunismo), il regista di origine ucraina prova a smuovere il pubblico cercando di allargare gli orizzonti. Infatti, se è vero che, diegeticamente parlando, un uomo vede nell'America il giusto compromesso per far risorgere la sua amata Germania, è altrettanto vero che il messaggio del film può essere tranquillamente rovesciato e riflesso sugli stessi statunitensi. In maniera tenace e frizzante, così, Litvak costruisce un film stimolante, dinamico e denso di passione (politica e cinematografica) che difficilmente lascerà impassibili. Klaus Kinski appare molto brevemente come comparsa in una delle sue primissime apparizione sul grande schermo.