Dark Water
Honogurai mizu no soko kara
2002
Paese
Giappone
Generi
Horror, Drammatico
Durata
101 min.
Formato
Colore
Regista
Hideo Nakata
Attori
Hitomi Kuroki
Rio Kanno
Mirei Oguchi
Asami Mizukawa
Divorziata dal marito e con una causa di affidamento in corso, la giovane Yoshimi (Hitomi Kuroki) si trasferisce con la figlioletta di sei anni (Rio Kanno) in un vecchio condominio. La stabilità mentale della donna viene messa a dura prova da alcuni inspiegabili avvenimenti, che scoprirà essere legati alla scomparsa di una bambina (Mirei Oguchi) avvenuta più di un anno prima. Assieme a The Ring (1998), il miglior risultato conseguito dal talentuoso Hideo Nakata, padre del moderno J-Horror che qui parte nuovamente da un'opera letteraria di Koji Suzuki, adattando il breve Fuyū Suru Mizu contenuto nell'antologia di racconti Honogurai mizu no soko kara (1996). Abile conoscitore delle regole della tensione e fautore di un cinema che preferisce celare piuttosto che mostrare, Nakata mescola suggestioni polanskiane (la paranoia claustrofobica di Repulsion del 1965 e de L'Inquilino del terzo piano del 1976) con i cliché dei film di case infestate (apparizioni improvvise, rumori sinistri, manifestazioni inspiegabili) e tira fuori l'orrore dai gesti più semplici e quotidiani come l'apertura di un rubinetto, l'utilizzo di un ascensore o il ritrovamento di uno zainetto. Protagonista della pellicola è l'acqua, elemento simbolico per eccellenza, che Nakata presenta in tutta la sua ambiguità (vita e purezza quando scorre liberamente, morte e putrescenza quando si trova a ristagnare) e su cui modula il crescendo progressivo della tensione (il minaccioso espandersi dell'infiltrazione nel soffitto va di pari passo con un'inquietudine sempre più palpabile e ingestibile) fino a identificarla completamente con il fantasma della piccola Mitsuko (e con la sua sofferenza liquida che si infiltra in ogni crepa del vecchio edificio). Più che un horror, un melodramma soprannaturale in cui Nakata approfondisce i temi di inquietudine materna e dolore filiale già presenti in The Ring, riproponendo lo stesso mix di orrore e dramma, ma stavolta con un capovolgimento gerarchico a favore del secondo elemento: la tensione non culmina più in una soluzione terrorizzante ma al contrario va a sfociare in una sequenza di struggente e malinconica tenerezza. Nel 2005 è stato rifatto a Hollywood per la regia di Walter Salles.
Maximal Interjector
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