Natasha (Natalia Berezhnaya) e Olga (Olga Shkabarnya) lavorano nella taverna di un ufficio dei servizi segreti sovietici. Trascorrono il tempo tra bevute, chiacchierate e discussioni con gli ufficiali. Un giorno, Natasha avrà modo di vivere una notte di passione con un ufficiale straniero (Luc Bigé). La cosa non passerà inosservata all'alto comando e per la donna inizieranno una serie di problemi.
Il film prende vita a partire da un progetto molto più grande ideato dal regista Ilya Khrzhanovskiy nel 2006, che comprende diverse discipline artistiche oltre al cinema. L'idea è quella di ricreare situazioni e sensazioni tipiche del sistema totalitarista instaurato da Stalin. DAU. Natasha è quindi un lavoro sperimentale in cui allo spettatore viene "semplicemente" chiesto di perdersi nelle immagini senza prestare troppa attenzione allo snodo narrativo e alle relazioni tra i personaggi. L'idea è quella di ricreare un ambiente il più fedele e avvolgente possibile per calare completamente il pubblico nel tesissimo clima dello spionaggio sovietico. Sotto questo punto di vista, il film vince completamente la sfida grazie a uno stile ipnotico e incalzante, caldamente ravvicinato ai corpi martoriati degli attori e sempre attento a restituire l'aria di incertezza e diffidenza grazie ai giochi di luce e ombre che la sapiente fotografia di Jürgen Jürges esalta per sottolineare l'ambiguità della situazione. Di chi ci possiamo fidare? A chi è possibile confidare i propri timori o turbamenti? DAU. Natasha è più un'esperienza sensoriale, un'installazione artistica che un vero e proprio film di finzione, tanto che non si riesce nemmeno a distinguere quanto sia stato volutamente scritto in fase di sceneggiatura e quanto invece improvvisato. La vita, la morte, l'amore, la violenza e la minaccia fisica di una società maschilista sono solo alcune delle tematiche affrontate in quello che risulta un flusso di coscienza non sempre equilibrato o ficcante, ma complessivamente riuscito per scuotere e simultaneamente affascinare gli occhi di chi guarda. Presentato in concorso al Festival di Berlino 2020, dove ha vinto l'Orso d'argento per il miglior contributo artistico.