Decalogo, 2 – Non nominare il nome di Dio invano
Dekalog, dwa
1989
Paese
Polonia
Genere
Drammatico
Durata
57 min.
Formato
Colore
Regista
Krzysztof Kieślowski
Attori
Krystyna Janda
Aleksander Bardini
Olgierd Lukaszewicz
Artur Barcis
Una donna (Krystyna Janda) scopre di essere incinta del suo amante. La decisione di tenere o meno il bambino dipenderà dalla guarigione del marito (Olgierd Lukaszewicz), in lotta tra la vita e la morte in ospedale.
Secondo episodio della miniserie televisiva Decalogo. Il film mantiene la struttura dello scontro etico-morale a due (fede/scienza) del primo episodio: in questo caso è tra la donna e il primario (Aleksander Bardini) che ha in cura il marito (terza figura, presente/assente come la madre di Pawell in Decalogo, 1). Qui, però, lo spettatore si trova in un contesto ben più implicito e complesso nel suo rapporto col secondo comandamento biblico, che risulta ambiguo e ambivalente. Da una parte, infatti, a spergiurare è proprio la donna protagonista, che spera nella morte del marito per far nascere il bambino avuto dall'amante – l'ultima occasione per divenire madre – mentre dall'altra è il primario a mentire alla donna sulle condizioni del marito, nonostante il giuramento medico: nel mezzo si trova l'uomo in bilico tra la vita e la morte (la cui lotta è simboleggiata dalla celebre immagine del calabrone nel bicchiere che si dimena per la salvezza), ago della bilancia che definisce l'esito, ineluttabile, del nodo gordiano cui Kieślowski sottopone i due protagonisti e insieme ad essi lo spettatore. In questo contesto la rigidità del comandamento in questione viene messa in crisi proprio in virtù della sua perentorietà, del suo contaminarsi con la complessità della vita umana, traballa e sfuma i suoi contorni nella zona ambigua tra il bene e il male, tra giustizia e legge (divina). Il finale, pur sciogliendo parzialmente il nodo, finisce per amplificare ulteriormente questa zona grigia, mantenendo il dubbio e allargando lo spazio riflessivo post-visione.
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